
Quest’oggi per l’atteso film di Ridley Scott Robin Hood, proprio da oggi nelle sale italiane in contemporanea con la proiezione d’apertura del Festival di Cannes, approfondiamo quello che sembra il punto di forza dell’intera Operazione Nottingham, come ci piace chiamare la maestosa ed immersiva ricostruzione storico-scenografica che ci ha permesso di immergerci da spettatori nel mito del bandito gentiluomo di Sherwood.
Ridley Scott ha cercato di evitare un utilizzo eccessivo delle tecnologie digitali già ampiamente utilizzate prima ne Il gladiatore e poi ne Le crociate, che avrebbero rischiato di rendere eccessivamente fumettoso, in stile Troy tanto per intenderci, il suo Robin Hood che invece puntava sul realismo, per questo ha scelto lo splendido Galles come location, affidando la ricostruzione di manieri e villaggi del XIII secolo allo scenografo Arthur Max, collaboratore di vecchia data di Scott che ha curato a suo tempo le scenografie de Il gladiatore ed American gangster, pellicole per le quali Max ha ricevuto due nomination agli Oscar.


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L’astronave da trasporto Nostromo durante il suo viaggio di ritorno per la Terra, viene attirata sull’inospitale planetoide LV-426 da una misteriosa rischiesta di soccorso. Risvegliato l’equipaggio in sospensione l’astronave atterrerà sul pianeta scoprendo un relitto di fattura aliena, e durante una ricognizione al suo interno, una sorta di coltura di uova xenomorfe infetterà Kane (John Hurt) un membro dell’equipaggio.