Philadelphia, recensione

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Andrew Beckett (Tom Hanks) è un brillante avvocato gay di Philadelphia che si ritrova a combattere con la discriminante, inaccettabile per il prestigioso studio legale in cui lavora, dell’essere omosessuale e peggio ancora aver contratto L’AIDS, il che lo rende, sempre secondo i suoi datori di lavoro, di punto in bianco inaffidabile ed inefficiente sul lavoro, e naturalmente senza palesarne le ragioni, in qualche modo un pericolo e un motivo d’imbarazzo per i colleghi e lo studio.

Andrew è un avvocato e sa benissimo che questa potrebbe diventare materia da trattare  in un aula di tribunale, ma è anche consapevole che difficilmente troverà qualche collega disposto a rappresentarlo una volta saputo quale sarà la materia con cui si andrà in aula, mettiamoci poi che la causa dovrebbe portare in aula uno studio legale, insomma ci sarebbero un bel pò di ostacoli per questa sua iniziativa, senza contare il fatto di mettere in piazza e dare in pasto ai media la sua vita privata, e una malattia in costante evoluzione.

Andrew comunque non molla supportato dalla sua amorevole famiglia e dal suo innamoratissimo compagno, e finalmente trova in Joe Miller (Denzel Washington), avvocato afroamericano con qualche problema sia con la malattia che con gli omosessuali, qualcuno dai principi tanto saldi da combattere con i propri pregiudizi  pur di difenderlo.

Inizierà così per Andrew l’odissea di un duplice percorso difficile e doloroso, tra i banchi di un’aula di tribunale a combattere contro il pregiudizio e l’ignoranza per i suoi dirritti di lavoratore ed essere umano, e nel privato con una malattia spietata che giorno dopo giorno cercherà di togliergli la dignità che l’uomo fino in fondo terrà stretta a sè, sino a che circondato dall’amore dei suoi familiari e pienamente consapevole di aver combattuto la battaglia giusta, lascerà che il dolore cessi definitivamente e la paura diventi solo un ricordo.

Il regista Jonathan Demme, dopo l’Oscar per il suo memorabile thriller Il silenzio degli innocenti, si cimenta con uno script che punta al film di denuncia, mettendo in scena uno struggente e doloroso ritratto di una società piena di ataviche paure e infiniti pregiudizi che vengono accolti in seno alle istituzioni con leggi che palesemente ledono la dignità e i diritti di ogni essere umano, in piena e costante contraddizione con una libertà solo sbandierata, e il rispetto per il prossimo che dovrebbe essere il fondamento di una società degna di questo nome.

Demme per i ruoli principali si affida a Tom Hanks e Denzel Washington, entrambi palesemente coinvolti dallo script, dalla tematica e dai loro personaggi, Hanks si lancia in una memorabile performance trasformando il suo corpo e mostrando una miscela di struggente deteterminazione e fragilità che gli permetteranno di inanellare il suo secondo Oscar consecutivo come miglior attore, dopo quello per il toccante Forrest Gump, mentre Washington tratteggia con dovizia tutte la paure e l’inadeguatezza di un uomo di fronte all’ineluttabilità della morte, e al pregiudizio verso una diversità non teorizzata in qualche bel discorso, ma reale e tangibile.

Philadelphia si compone di frammenti di cinema di altissimo profilo, di performance toccanti e memorabili, nonchè di uno script che riesce sorprendentemente a non lasciarsi andare alla retorica da grande schermo sempre in agguato e alla ricerca di un facile ritorno emotivo. Un film elegante ed asciutto  anche nelle scene più difficili ed emotivamente ostiche, una prova per lo spettatore in cui cimentarsi, a volte quasi insostenibile, ma capace di regalare emozioni forti e un grande arricchimento.