Jonathan Demme regista per 11/22/63 di Stephen King

Dopo la notizia di ieri che David Yates e Steve Kloves, rispettivamernte regista e sceneggiatore della saga di Harry Potter potrebbero far squadra per adattare L’ombra dello scorpione di Stephen King, oggi vi segnaliamo un’altra news che riguarda ancora lo scrittore riportata da Deadline e che ci informa che il regista Jonathan Demme (Il silenzio degli innocenti) ha opzionato i diritti per realizzare un lungometraggio sul prossimo romanzo di fantascienza 11/22/63 di King, con l’intenzione di scrivere, dirigere e produrre l’adattamento.

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10 best seller da cinema

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Quest’oggi classifica particolare dedicata alle 10 migliori trasposizioni da best seller, argomento spinoso visto che in casi rarissimi la versione in celluloide ha rispettato in pieno intenti e contenuti della controparte cartacea, portando sullo schermo l’essenza delle pagine e il pensiero dell’autore.

Accade invece spesso che si travalichi la pagina scritta e si filtri di volta in volta con l’occhio e la sensibilità del cineasta di turno la tematica, le influenze e le suggestioni e sullo schermo si scopra un’altra prospettiva del libro o del racconto affrontato, per molti versi distante dall’originale, ma non per questo meno accattivante o riuscita.

Dopo il salto la nostra top ten con le trasposizioni più riuscite. Buon proseguimento.

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Philadelphia, recensione

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Andrew Beckett (Tom Hanks) è un brillante avvocato gay di Philadelphia che si ritrova a combattere con la discriminante, inaccettabile per il prestigioso studio legale in cui lavora, dell’essere omosessuale e peggio ancora aver contratto L’AIDS, il che lo rende, sempre secondo i suoi datori di lavoro, di punto in bianco inaffidabile ed inefficiente sul lavoro, e naturalmente senza palesarne le ragioni, in qualche modo un pericolo e un motivo d’imbarazzo per i colleghi e lo studio.

Andrew è un avvocato e sa benissimo che questa potrebbe diventare materia da trattare  in un aula di tribunale, ma è anche consapevole che difficilmente troverà qualche collega disposto a rappresentarlo una volta saputo quale sarà la materia con cui si andrà in aula, mettiamoci poi che la causa dovrebbe portare in aula uno studio legale, insomma ci sarebbero un bel pò di ostacoli per questa sua iniziativa, senza contare il fatto di mettere in piazza e dare in pasto ai media la sua vita privata, e una malattia in costante evoluzione.

Andrew comunque non molla supportato dalla sua amorevole famiglia e dal suo innamoratissimo compagno, e finalmente trova in Joe Miller (Denzel Washington), avvocato afroamericano con qualche problema sia con la malattia che con gli omosessuali, qualcuno dai principi tanto saldi da combattere con i propri pregiudizi  pur di difenderlo.

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Torino Film Festival 2009, quarto giorno

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Prosegue la rassegna di pellicole d’autore del Torino Film Festival giunto alla sua quarta giornata, oggi per il concorso internazionale vi segnaliamo l’italiano La bocca del lupo di Pietro Marcello, la storia di un detenuto e del suo ritorno nel ghetto di una malinconica Genova dopo un lungo periodo di detenzione, ad attenderlo come sempre la sua compagna Mary.

Prima del film non conoscevo bene Genova, gli unici ricordi erano i racconti di mio padre che come marittimo meridionale da lì si imbarcava, e per tutta la sua giovinezza Genova ha rappresentato la città ideale. Mi raccontava sempre di quanto era bella, delle tripperie e del suo cielo.

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The Manchurian Candidate, recensione

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Il maggiore Bennett Marco (Denzel Wahington) durante la guerra del golfo viene salvato dal commilitone Raimond Shaw (Liev Schreiber) da un’imboscata in pieno deserto in cui cade un intero convoglio dell’esercito, ma qualcosa nel ricordo frammentato di Bennett degli avvenimenti di quella notte non quadra.

Shaw nel frattempo grazie proprio a quella impresa eroica con annessa medaglia al valore, intraprende una fulgida carriera politica che lo porterà a candidarsi per la carica di vicepresidente degli Stati Uniti, sotto la supervisione di sua madre, l’algida e ambiziosa Senatrice Eleanor Shaw.

I dubbi di Bennett lo tormenteranno a tal punto da costringerlo a rivolgersi direttamente a Shaw per far luce su alcune lacune nella sua memoria, rievocando il traumatico episodio che li ha visti coinvolti, ma la visita all’ex-commilitone lo confonderà ancor di più, e l’evasività di Shaw contribuirà a far nascere seri dubbi su cosa sia realmente accaduto quella fatidica notte.

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Jonathan Demme: un filmaker anticonformista

Jonathan Demme, classe 1944, cresce a New York, lavora come sceneggiatore per la Corman factory, vera e propria scuola di sopravvivenza cinematografica, low- budget, tempi ristretti, un certo cinema di serie B che oggi per molti neo-registi di genere rappresenta un punto di riferimento. Il primo film Femmine in gabbia, è il 1974, già traspare l’originalità visiva di Demme che torna dietro la macchina da presa cinque anni dopo con Il segno degli hannan, noir in cui emerge un senso del ritmo notevole che ritroveremo anche nelle opere successive. Che si tratti di commedia, Qualcosa di travolgente, di moderno Western, Fighting mad, o documentario,The agronomist, Demme dimostra una vena anticonvenzionale che prepotentemente sottolinea tutte le sue pellicole.

E’ il 1991, Demme gira quello che sarà negli anni successivi un punto di riferimento cinematografico di genere e l’apice della sua carriera, stiamo parlando del pluripremiato iI silenzio degli innocenti, il cineasta utilizza la macchina da presa per calarsi e calarci nei meandri della parte più oscura dell’animo umano, quella che si ciba delle angosce e della paura e tratteggia due personaggi storici che diventeranno due icone cinematografiche dagli opposti  versanti, la fragile e risoluta Clarice Sterling agente FBI interpretata da Jodie Foster, pensate che la prima scelta di Demme era Meg Ryan!, e la perfetta e ambigua rappresentazione del fascino del male, quell’ Hannibal Lecter interpretato dell’eclettico Anthony Hopkins, ormai leggenda.

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I De Laurentiis, una dinasty tra passato e futuro

Se il cinema come spettacolo supera i 110 anni, la dinastia De Laurentiis viaggia ormai verso i 70, a partire dalle prime apparizioni sullo schermo dell’allievo-attore del Centro Sperimentale di Cinematografia, Agostino, classe 1919, divenuto in seguito il producer Dino, che gli americani hanno battezzato con il nome di “the Legend“.

Di poco posteriore, nell’immediato secondo dopoguerra, la discesa in campo del fratello maggiore Luigi (1917-1992), validissima spalla da subito e poi realizzatore in proprio; e l’organico familiare è completato ben presto dal fratello minore, Alfredo (1924-1981), apprezzato organizzatore generale.

Finché spunta Aurelio, figlio di Luigi; e mentre a Hollywood opera da tempo come attiva produttrice Raffaella, figlia di Dino, a Roma è già al lavoro un Luigi nipote, figlio di Aurelio, che nei voti del clan continuerà la tradizione.

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Recensione: Rachel sta per sposarsi

Jonathan Demme, autore de Il silenzio degli innocenti che le valse il premio Oscar nel 1992 e di Philadelphia, dopo un periodo di appannamento, ed una presenza a Venezia lo scorso anno con Jimmy Carter Man from Plains, dedicato al tour in Palestina del premio Nobel per la pace americano, sbarca al Lido con una nuova opera in concorso: Rachel getting Married, una finestra aperta sulla famiglia che fatica a comunicare ma cerca a tutti i costi di trovare un’armonia

Quando Kym (Anne Hathaway) fa ritorno nella casa della famiglia Buchmann per il matrimonio di sua sorella Rachel (Rosemarie Dewitt), porta con sé una lunga storia di crisi personali, conflitti familiari e tragedie.

I tanti amici e parenti degli sposi si ritrovano per un weekend di festeggiamenti, musica e amore, ma Kym, giovane donna che cerca di gestire una difficile riabilitazione dalla tossicodipendenza, con le sue battutine taglienti e il suo talento per le scenate esplosive, riesce a catalizzare tutte le tensioni a lungo covate all’interno della famiglia.

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