David Fincher: l’esteta del male

David fincher è un regista che come i fratelli Ridley e Tony Scott, Michael Mann, ed altri colleghi provenienti dal mondo dei videoclip, ha uno sguardo particolare ed una visione che poco ha a che fare con un certo cinema d’autore che tralascia il contesto  estetico e dell’immagine per puntare tutta l’attenzione sulla recitazione, il cinema di Fincher è più incentrato su una visione fisica della pellicola, una lettura visiva che utilizza la fotografia, l’illuminazione e gli effetti visivi per affrescare ogni scena e  per curare maniacalmente ogni singola inquadratura, meticolosità figlia di spazi e tempi  estremamente ridotti e condensati tipici del mondo della pubblicità e dei videoclip musicali, che dà al lavoro di Fincher un’impronta visiva ben riconoscibile, un peculiare look, il suo Seven ne è un esempio, dark, gotico, ed estremamente inquietante.

Fincher è un cineasta originario di Denver (USA) classe 1962, il suo esordio nel mondo del cinema è nella società di effetti speciali Industrial Light and Magic dI George Lucas, il futuro regista si occupa degli effetti visivi de Il ritorno dello Jedi (1983), ed Indiana Jones e il tempio maledetto (1987), una gavetta coi fiocchi.

Conosciuto ed apprezzato nel mondo della pubblicità, il suo esordio è un pò travagliato, come travagliato è il primo progetto a cui fincher si unisce in corsa, Alien 3 (1992), molti criticano questo primo lavoro del regista lamentando un film non all’altezza dei predecessori e da un look troppo nichilista e cupo, dimenticando che quel famigerato look sarà lo stesso che trasformerà Seven in un cult, e che il regista con pochi mezzi ed un tempo limitato dai produttori ormai in vena di abbandonare il progetto, realizza un dignitoso film, riuscendo, sceneggiatura più volte rimaneggiata a parte, a dargli una inconfondibile impronta personale.

Nel 1993 cura un mediometraggio per l’album Dangerous di Michael Jackson, Michael Jackson Dangerous: the short film e nel 1995 è la volta del thriller cult Seven, Fincher ci accompagna in un mondo cupo e nichilista, fatto di vizi capitali, serial killer in crisi mistica e poliziotti umanissimi e dalle mille debolezze, finale da antologia con il trio Pitt-Freeman-Spacey in stato di grazia.

Nel 1997 il regista gira il sottovalutato The game-nessuna regola, un thriller ad orologeria dove i cambi di fronte sono repentini e la tensione, anche grazie ad un Michael Douglas particolarmente ispirato, non latita mai, anche qui il finale lascia abbastanza spiazzati.

Due anni dopo  un’altro cult, Fight club (1999), stavolta una coppia da Oscar Brad Pitt e Edward Norton, due facce della stessa medaglia, look metallico e patinato, montaggio ingannatorio, anarchico e folle il contenuto, provocatorio il finale, un capolavoro assoluto che si dipana come un incubo surreale fino ai liberatori titoli di coda.

Nel 2002 Fincher gioca con gli spazi angusti in Panic room, un cast che si avvale di star come Jodie Foster e Forest Whitaker in un serrato duello, qualche debolezza a livello di sceneggiatura, il look rimane fincheriano, ma stavolta manca qualcosa, il tocco del regista sembra un pò appannato e la regia si perde in un virtuosimo un pò sterile.

Ancora un serial killer per il regista che nel 2007 ci racconta in Zodiac del famigerato e mai catturato Killer dello zodiaco, molti si aspettano un altro Seven, ma Fincher spiazza tutti utilizzando la storia per raccontarci del microcosmo creatosi attorno all’omicida ed alle sue vittime, omicida che passa in secondo piano, a favore di un viaggio attraverso un ventennio, in una meticolosa ricostruzione storico-giornalistica cupa e realistica all’estremo, un oggetto anomalo ma affascinante di un Fincher in cerca di qualcos’altro.

Dal 13 Febbraio 2009 nei cinema italiani Il curioso caso di Benjamin Button, stavolta Fincher si fa fine narratore, ci racconta una fiaba dark che sembra uscita dall’immaginario di Tim Burton, ed il regista segue quel sentiero, il surreale mondo di Button che scorre al contrario, in cui la vecchiaia è la nascita e la gioventù forse la fine, permettono al regista di regalarci un gioiello che sarà difficile dimenticare, fotografia, effetti visivi, musica, cast, 13 nomination all’Oscar, qui c’è aria di capolavoro.