Viaggi di nozze, recensione

Seguiamo le vicissitudini di tre coppie di novelli sposi dalla celebrazione dei matrimoni sino ai rispettivi viaggi di nozze:

Raniero e Fosca: lui è uno stimatissimo medico vedovo, un vero schiavo del lavoro, impegnato 24 ore su 24 con i suoi pazienti, maniacale e pignolo oltre il sopportabile, tedia la nuova consorte con il costante ricordo della sua precedente moglie e alla povera Fosca (Veronica Pivetti), impossibilitata nello sfuggirgli non resterà che un ultimo e liberatorio gesto estremo.

Giovannino e Valeriana: Lui è un tipo impacciato, eternamente indeciso e succube della famiglia, lei è molto innamorata e dopo un lunghissimo fidanzamento è riuscita finalmente a portarlo all’altare, ma proprio quando le cose sembrano filare lisce e una ritemprante crociera attende i neo-sposini, ecco che Giovannino è costretto a rientrare a Roma per assistere l’anziano padre rimasto solo dopo la repentina fuga della badante.

Ivano e Jessica: tipica coppia di coatti romani in trasferta, lui è la versione trasteverina dello Stallone italiano, lei insaziabile anima gemella, praticamente una copia del consorte in gonnella. Tra i due il sesso sembra l’unico modo di relazionarsi e va tutto bene almeno fino al primo problemino che mette i due di fronte ad una crisi.

Carlo Verdone qui in triplice copia ripropone l’iter narrativo del suo memorabile esordio Bianco, rosso e verdone, con due dei personaggi dell’originale e l’aggiunta del coatto, che l’attore e regista romano prende a prestito dal suo Troppo forte e che riproporrà sia in Gallo cedrone che nel recente Grande, grosso e Verdone.

I personaggi funzionano a corrente alternata, le coppie sono cinematograficamente ben assortite, in special modo l’inedita Ivano/Jessica, il resto sa un pò troppo di già visto e sentito, insomma sembra un’operazione sin troppo facile, palesemente nata per far cassa con una formula ben consolidata.

Viaggi di nozze resta comunque un discreto divertissement privo degli insopportabili eccessi da cinepanettone, elemento da non sottovalutare che rende la messinscena piuttosto gradevole, se poi lo paragoniamo al disastroso Grande, grosso e Verdone, beh allora si sfiora il capolavoro.