Gomorra, recensione

Sei personaggi per sei volti di una Campania che vive sotto il giogo di un sistema criminale divenuto mezzo di sostentamento per un esercito di disoccupati e aspiranti camorristi, tutto ruota intorno all’illecito come stile di vita, alla violenza come moto perpetuo su cui ruotano le esistenze di una maggioranza purtroppo omertosa e incapace di liberarsi da una mentalità radicata da decenni di dominio incontrastato della criminalità organizzata.

Don Ciro (Gianfelice Imparato) è uno che si fa i fatti suoi e si da al galoppinaggio per i membri di un clan, che finiti in prigione necessitano che qualcuno si occupi materialmente delle loro famiglie, ma una sanguinosa faida lo lascia senza un padrone da servire e l’istinto di sopravvivenza prevarrà su una non più remunerata fedeltà.

Totò, Marco e Ciro sono i volti giovani in cerca di esempi da seguire, il primo è un tredicenne che sopravvive ai confini della legge e che ben presto si troverà di fronte ad una scelta da cui non si torna indietro, gli altri due sono teppaglia che tra droga e furtarelli scopriranno quanto spietato e feroce sia il mondo che tanto ammirano.

Roberto e Pasquale invece rappresentano i volti puliti che finiscono per diventare ingranaggi di un sistema corrotto e criminale, il primo fresco di laurea lavorerà al fianco dell’ambiguo Franco (Toni Servillo) che si occupa di smaltire illegalmente rifiuti tossici, mentre il secondo abile sarto sedotto dal facile guadagno accetterà di insegnare ad un gruppo di immigrati cinesi destinati alla manifattura illegale, una scelta che finirà per distruggergli la vita.

Il regista Matteo Garrone (L’imbalsamatore) porta sullo schermo Gomorra, best seller di Roberto Saviano che racconta vita, morti e miracoli economici della Camorra attraverso gli occhi di alcuni personaggi che gravitano a diversi livelli nel microcosmo criminale del napoletano.

Gomorra è una pellicola schietta, inquietante e visivamente evocativa grazie alla fotografia di Marco onorato, all’azzeccato uso del dialetto napoletano stretto e alla miscellanea di personaggi interpretati da attori professionisti e gente presa dai rioni. Garrone utilizza i crismi del gangster-movie e gli elementi tipici di tanto cinema neorealista anche recente, vedi Mery per sempre e Ragazzi fuori di Risi tanto per fare un esempio.

Il risultato è potente, arriva dritto al sodo senza fronzoli narrativi, segue il romanzo nella denuncia di un vero e proprio  universo parallelo dove la legge è il nemico da abbattere e l’illecito il pane quotidiano da difendere, un moderno Far West dove l’esecuzione in pubblico è ancora un mezzo di persuasione irrinunciabile e l’economia sommersa ha messo radici troppo profonde.

Certo la Campania non è certamente solo quella raccontata nel film di Garrone, ma è imprescindibile e necessario che la condanna e la denuncia arrivino prive di filtri che rischino di indorare la pillola o peggio di dare epicità all’atto criminoso e in questo Gomorra centra pienamente il bersaglio senza paura e senza accomodanti vie di mezzo.

Note di produzione: sequela impressionante di riconoscimenti nazionali e internazionali per la pellicola di Garrone, tra questi 7 David di Donatello, 5 European Film Awards e un Grand Prix speciale a Cannes.