Gomorra, recensione

Sei personaggi per sei volti di una Campania che vive sotto il giogo di un sistema criminale divenuto mezzo di sostentamento per un esercito di disoccupati e aspiranti camorristi, tutto ruota intorno all’illecito come stile di vita, alla violenza come moto perpetuo su cui ruotano le esistenze di una maggioranza purtroppo omertosa e incapace di liberarsi da una mentalità radicata da decenni di dominio incontrastato della criminalità organizzata.

Don Ciro (Gianfelice Imparato) è uno che si fa i fatti suoi e si da al galoppinaggio per i membri di un clan, che finiti in prigione necessitano che qualcuno si occupi materialmente delle loro famiglie, ma una sanguinosa faida lo lascia senza un padrone da servire e l’istinto di sopravvivenza prevarrà su una non più remunerata fedeltà.

Totò, Marco e Ciro sono i volti giovani in cerca di esempi da seguire, il primo è un tredicenne che sopravvive ai confini della legge e che ben presto si troverà di fronte ad una scelta da cui non si torna indietro, gli altri due sono teppaglia che tra droga e furtarelli scopriranno quanto spietato e feroce sia il mondo che tanto ammirano.

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Maradona la mano de Dios, recensione

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Durante una festa di fine anno, siamo nel 2000, Maradona (Marco Leonardi)  durante i festeggiamenti ha un malore, quello sarà solo il sintomo finale di una vita spesa tra talento e sregolatezza.

Una serie di flashback ci permetteranno di ripercorrere la sua ascesa, l’infanzia, il talento incredibile e coinvolgente, le grande occasioni, l’Italia, per soffermarsi sull’nevitabile crollo con la droga, i mondiali dello scandalo doping, le amicizie nel giro della malavita.

Questo viaggio a ritroso nel tempo, con tanto di riflettori puntati sui lati oscuri  del grande campione, ci mostrerà anche la sua famiglia, le sue donne e la spinta che ne ha decretato la voglia di rinascita dopo aver sfiorato ripetutamente la morte, cioè l’onnipresente amore dei suoi tifosi e ammiratori, vedremo in special modo come dopo la sua permanenza a Napoli sia stato adottato dalla città a cui ha regalato grande calcio e due scudetti, e che lo ha trasformato in un vera icona partenopea.

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Recensione in anteprima: Fortàpasc

Nel 1985 il giornalista Giancarlo Siani (Libero De Rienzo) viene assassinato con dieci colpi di pistola, un’esecuzione di stampo camorristico, che colpisce per la prima volta il mondo del giornalismo. Siani aveva solo 26 anni non era ancora un giornalista, era un praticante presso Il Mattino di Napoli, un abusivo come scherzosamente amava definirsi, ma conosceva bene il suo lavoro, era un giornalista di quelli a cui piace scavare bene ed in profondità, di quelli che più scavano e più hanno voglia di scavare, incapaci di fermarsi a riflettere sui rischi che si corrono a rimestare troppo nel torbido.

Assistiamo agli ultimi quattro mesi della sua vita, nel periodo in cui dal Vomero, il suo quartiere, quotidianamente visita il regno del boss Valentino Gionta, il famigerato quartiere di Torre Annunziata, qui Siani chiedeva, si informava, faceva domande, troppe, e si muoveva in cerca di risposte tra loschi interessi legati al dopo terremoto, interessi in cui sguazzavano politicanti corrotti e camorristi, contro i quali combattevano forze dell’ordine impotenti.

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