The way back, recensione in anteprima

In un gulag siberiano durante la seconda guerra mondiale un gruppo di prigionieri formato da veterani e alcuni nuovi arrivi, chi vittima della dittatura staliniana e che invece criminale di carriera, decide di rischiare il tutto per tutto cimentandosi in una rocambolesca evasione e affrontando la tundra ghiacciata intenzionati a raggiungere il confine con la Mongolia.

Naturalmente il ghiaccio e la fame mieteranno da subito le prime vittime, poi schivando lupi affamati e tempeste di neve il gruppo si approssimerà al confine, ma prima incontrerà una ragazza orfana in fuga che si unirà a loro. Purtroppo il cammino per la tanto agognata libertà sarà ancora molto lungo perchè anche la Mongolia nel frattempo è finita in mano alla dittatura comunista e le epurazioni a sfondo religioso hanno mietuto il loro debito di sangue, con monaci buddisti massacrati e templi e monasteri messi a ferro e fuoco.

Il gruppo coeso nella sua disperante voglia di raggiungere l’agognata libertà però non ha alcuna intensione di mollare, l’idea folle è di attraversare il deserto del Gobi, le pendici dell’Himalaya e approdare in Tibet e li ad attenderli, per quelli che saranno sopravvissuti, il confine indiano al di la del quale la libertà sara davvero tangibile.

Solido e ben recitato questo dramma tratto dal libro di memorie The Long Walk di Sławomir Rawicz ex-detenuto di un gulag sovietico, l’australiano Peter Weir dopo le battaglie navali dell’epico Master and Commander maneggia ancora la storia e lo fa con estrema dovizia, miscelando intrattenimento ed eventi storici che fanno da sfondo ad una vera e propria odissea che accompagnerà lo spettatore attraverso migliaia di chilometri tra paesaggi sconfinati e una quotidiana lotta per la sopravvivenza.

The way back con un incipit che ci ha riportato alla mente il classico A 30 secondi dalla fine del russo Andrej Končalovskij e un’evoluzione alla survival-movie come nell’avventuroso L’urlo dell’odio, nonostante la narrazione dilatata riesce a non annoiare mai grazie una serie di accadimenti posizionati ad arte lungo la trama, che a mo’ di tappe permettono al nutrito cast, che vede tra gli altri un bravissimo Colin Farrell, un efficace Ed Harris e la nuova leva Saoirse Ronan, di lavorare su registri drammatici di alto profilo che rendono eventi e protagonisti oltremodo credibili.

Note di produzione: il film costato 30 milioni di dollari è stato girato in Bulgaria, Marocco ed India, il team di truccatori Edouard F. Henriques, Gregory Funk e  Yolanda Toussieng sono stati nominati agli Oscar 2011 nella categoria miglior make-up.