Albert Nobbs, recensione

Irlanda diciannovesimo secolo, Albert Nobbs (Glenn Close) è un cameriere che ha trascorso oltre vent’anni prestando servizio nei migliori alberghi, considerato affidabile e per la sua natura introversa molto discreto, Nobbs in età matura è finito a servire in un piccolo albergo gestito da Mrs. Baker (Pauline Collins), eccentrica albergatrice che ignora che il gentiluomo che si trova di fronte tutti i giorni sia in realtà una lei, si perchè dietro il compito Nobbs si cela una donna dal passato tormentato, costretta a fingersi uomo per poter sopravvivere e che da anni risparmia ogni singolo scellino guadagnato sognando di aprire un’attività  in proprio. A scuotere il sonnolento tran tran dell’albergo giungerà l’imbianchino Hubert Page (Janet McTeer), che non solo scoprirà il segreto di Nobbs, ma si rivelerà anch’esso una donna. La scoperta in principio scioccherà Nobbs, ma in seguito saputo che Page ha anche una moglie, aprirà a Nobbs nuovi possibili scenari per un futuro fino a quel momento pensato in solitario, ma che forse non dovrà per forza essere tale.

Il regista colombiano Rodrigo Garcia, a tre anni dal drammatico Mother and Child, si cimenta con l’adattamento di The Singular Life of Albert Nobbs, racconto dello scrittore irlandese George Moore, confezionando una pellicola dalla forte impronta teatrale, che punta tutto sulla bravura indiscussa e sull’affinato registro drammatico di una Glenn Close credibile e ben supportata da un make-up di livello, che ci fa dimenticare il pessimo trucco visto nel recente J. Edgar di Clint Eastwood.

Purtroppo non bastano una grande interprete e una messinscena di alto profilo a fare di Albert Nobbs qualcosa di più di un raffinato film in costume, che fruisce di una regia senza dubbio elegante, ma che pecca di personalità e minato da una sceneggiatura che con l’evolversi degli accadimenti perde di credibilità e finisce per mostrare impietosamente tutti i limiti che una rappresentazione teatrale, la Close ha già portato il personaggio in palcoscenico, avrebbe saputo senza dubbio celare e in qualche modo sfruttare in positivo, ma che su grande schermo si palesano con troppa evidenza.

Glenn Close fa suo il personaggio con una performance che va oltre una postura studiata e accorgimenti di make-up, si nota l’amore verso la caratterizzazione e la cura certosina nell’accentuarne una fragilità incommensurabile e una paura per un mondo esterno che l’ha tradita ed oltraggiata, costringendola ad indossare una maschera che rappresenta il suo continuo bisogno di protezione. Un ruolo questo che ha permesso all’attrice di conquistarsi una meritatissima nomination agli Oscar che dimostra come la performance di un singolo attore possa nobilitare e in gran parte attenuare le limitazioni di un’opera che nel suo complesso non convince del tutto.

Albert Nobbs resta comunque un film da vedere se si ama godere di una recitazione di altissimo profilo, vedi anche la performance della co-protagonista Janet Mcteer anch’essa candidata agli Oscar, caratterizzazioni che attingono dalla vecchia scuola e che in questi ultimi anni, tra le nuove generazioni di interpreti è andata purtroppo perdendosi dietro ad istrionismi e belle facce da spot televisivo.

Nelle sale dal 10 febbraio 2012

Note di produzione: Nel cast figurano anche Mia Wasikowska e Brendan Gleeson, L’attrice Glenn Close oltre ad aver interpretato nel 1982 una versione teatrale del racconto di Moore, ha prodotto e co-sceneggiato con il romanziere e giornalista irlandese John Banville questo adattamento per il grande schermo. Il film ha ricevuto 3 nomination agli Oscar 2012 (Miglior attrice protagonista, Miglior Tucco e Miglior attrice non protagonista). La colonna sonora include il brano Lay your head down di Sinead O’Connor.

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