Street Fighter: La leggenda, recensione in anteprima

Chun-Li (Kristin Kreuk) cresciuta in una famiglia agiata e iniziata alle arti marziali dal padre Xiang (Edmund Chen), una notte assiste all’aggressione e al rapimento del genitore ad  opera del losco uomo d’affari e criminale Bison (Neal McDonough), da quella notte il padre di Chun-li sparirà e la ragazza crescerà con la madre, che ben presto morirà per una malattia incurabile lasciando Chun-Li sola al mondo.

Chun-Li è una ragazza cresciuta con nobili valori che non sopporta ingiustizie e soprusi, un giorno riceve un’antica pergamena che la porterà in Thailandia dove conoscerà Gen (Robin Shou), colui che diventerà il suo maestro e la inizierà ai segreti dell’Ordine della ragnatela e agli incredibili poteri del Wushu.

Chun-Li verrà addestrata per contrastare l’organizzazione criminale nota come Shandaloo capeggiata proprio da Bison e dal suo braccio destro Balrog (Michael Clarke Duncan), sulle tracce del nuovo boss di Bangkok c’è anche l’agente dell’Interpol Charlie Nash (Chris Klein) e la sua bella partner, la detective della omicidi Maya Sunee (Moon Bloodgood).

Il regista Andrzej Bartkowiak direttore della fotografia passato dietro la macchina da presa con Romeo deve morire, debutto ufficiale ad Hollywood di Jet Li, nonchè responsabile del tentativo di resurrezione di Steven Seagal nell’action Ferite mortali, torna a cimentarsi con un cinegame dopo il discreto adattamento del videogame Doom, ma stavolta sforna un appannato action-movie privo di qualsiasi appeal e lontano anni luce dalla serie di videogames cui si ispira.

Street Fighter: La leggenda si rivela un gran pasticcio, nettamente inferiore al già mediocre Tekken, non riesce a catturare nulla del videogame originale con una serie di coreografie e combattimenti poco incisivi, personaggi assolutamente fuori fuoco a partire da un teutonico Bison biondo e con gli occhi azzurri e un Vega latitante che esce di scena in maniera quasi imbarazzante.

La graziosa e volenterosa Kristin Kreuk, dolcissima Lana Lang del serial Smallville, ha un notevole registro drammatico e quando si tratta di esprimere emozioni il talento è innegabile, ma non è certo Jennifer Garner e la sua limitata fisicità e il poco carisma da arti marziali, minano inesorabilmente tutta la sua prova e nei centellinati e velocissimi corpo a corpo la sua atletica controfigura spicca decisamente troppo.

Bartkowiak appare inesorabilmente svogliato nel confezionare un action spento e terribilmente confuso in cui tutti gli elementi mistici di Street Fighter, ad esempio le sfere di energia, stridono in maniera abnorme con il contesto e diventa inutile inserire un paio di combo riprese direttamente dal videogame che diventano una goccia in una mare di noia, tutto lo spirito del videogame è snaturato, insomma siamo di fronte allo stesso scempio fatto con Dragonball evolution, un’occidentalizzazione forzata del franchise nipponico ha figliato l’ennesimo imbarazzante ibrido figlio di nessuno.

Veramente troppe le libertà che regista e sceneggiatori si sono presi, alcune situazioni sfiorano addirittura il ridicolo, un esempio sono le piccole attrici che impersonano la Kreuk durante la sua velocissima crescita nell’incipit della pellicola, tutte con sin troppo decisi lineamenti orientali nei primi anni di vita che poi spariscono nell’adolescenza, potranno sembrare dettagli insignificanti, ma è nei particolari che una pellicola ed un regista affermano la propria personalità e qui di personalità c’è n’è davvero poca.

In DVD dal 15 dicembre 2010

Note di produzione: il film stroncato dalla critica ha floppato anche ai botteghini incassando l’imbarazzante cifra di 12 milioni di dollari a fronte di un budget investito di curca 50, nel finale del film si lascia intendere che dopo Chun-Li sarebbe toccato a Ryu diventare protagonista di un prossimo spin-off, nel cast compare Robin Shou già Liu Kang nel dittico Mortal Kombat. Il film non transiterà nelle sale italiane e dovrebbe come Tekken fruire di una distribuzione direttamente in home video.