Hardball, recensione

hardball []A Chicago per il giocatore d’azzardo Connor O’neill (Keanu Reeves) la vita si sta facendo dura, i creditori lo assediano, la fortuna sembra averlo abbandonato,così disperato si rivolge ad un amico che invece che fargli un prestito gli propone di allenare una squadra di baseball formata da ragazzini.

O’Neill è oberato dai debiti, lo stipendio è decente, quindi si trova ad accettare suo malgrado la proposta dell’amico. Così il nostro O’Neill si trova a confrontarsi con una squadra alquanto scarsa, mal amalgamata e con una scuola che utilizza il baseball per tenere lontani i ragazzi dalla strada e dargli un’identità aggregante.

Gli esordi sono alquanto desolanti, i Kebambas, questo è il nome della squadra, non hanno alcuna preparazione, basilari zero, attrezzature inesistenti e mancano di un qualsiai barlume di spirito di squadra, O’Neill si mette sotto, prende a cuore i ragazzini e comincia a prepararli per il campionato.

Il neo-allenatore conoscerà la bella insegnate Elizabeth (Diane Lane), una che insegna col cuore, s’innamorerà credendo fermamente di poter cambiare stile di vita, ma la strada per l’inferno è sempre lastricata di buone intenzioni, e la vita lo metterà ancora una volta alla prova.

Il regista e attore Brian Robbins, suoi i discreti Shaggy Dog e Piacere Dave, firma un’edificante storia vera con tutti gli stilemi della caduta e del riscatto tipici di prodotti del genere e in questo caso ne risulta una pellicola godibile che si lascia guardare senza per questo rivelarsi memorabile.

Insomma la storia è abbastanza prevedibile, ci sono i buoni sentimenti, c’è il lato doloroso della storia, un pizzico di romance, lo sport come fattore aggregante e come veicolo di crescita sia per gli adulti che per i bambini.

Quindi Hardball risulta senza dubbio piacevole, intrigante per la connotazione realista della storia, meno per la parte romance dove manca la giusta alchimia tra i due protagonisti, per il resto si punta sul sicuro con una ricetta sin troppo sperimentata.