Il cinema digitale manda ‘in pensione’ la pellicola

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Dopo 110 anni di onorato servizio, la pellicola lascia il testimone. Molti ricorderanno gli enormi dischi stivati nei magazzini delle sale, pronti ad essere inseriti nel proiettore e a far sognare gli spettatori. Quelli che, per citare un’opera alquanto famosa, andarono a fuoco in “Nuovo Cinema Paradiso”, capolavoro di Giuseppe Tornatore che ha una valenza metaforica molto forte sulla visione storica delle epoche della settima arte.

La pellicola, dunque, va ‘in pensione’. Accade dopo una carriera lunghissima. Difficile reggere il passo per 110 anni, soprattutto in un mondo in cui il ‘ciclo di vita’ degli oggetti tecnologici si riduce anno dopo anno al lumicino. Le tecnologie si fanno concorrenza e, dopo un’epopea iniziata nel 1895 con i leggendari Fratelli Lumiére, ecco arrivare il cambiamento.

Le ‘pizze’ in 35 mm lasciano definitivamente posto alle telecamere digitali. Sono già otto su dieci i registi che hanno optato per l’approccio a questa nuova dimensione evoluzionistica. La scelta deriva dal fatto che i rullini necessari al girato sono sempre più difficili da reperire.

Di conseguenza, il boom del mercato delle telecamere digitali (sempre più ergonomiche) ha favorito l’avanzare di una nuova età cinematografica. L’età, appunto, del digitale.

Eccoci, dunque, entrati definitivamente nell’era del cinema che si conserva su Hard Disk e che si esprime in tonnellate di gigabyte. Con buona pace dei puristi, per giunta.

Un cinema che implica, fortunatamente, un’elevata riduzione dei costi. Fattore tutt’altro che trascurabile in questo periodo storico costernato da crisi in tutti i settori (ivi compresi quelli più vicini all’arte in sé). Ma che comporta paradossalmente anche effetti collaterali, come quelli legati alla chiusura delle sale incapaci, per questioni economiche, ad adeguarsi ai nuovi sistemi di proiezione digitale.