Legion, recensione

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In cielo si sta organizzando l’ultima incursione divina sulla terra, Dio deluso e sconcertato dalla follia e dalla violenza che scaturisce dalla anime perdute dei suoi figli, organizza una legione di angeli affinchè una volta sulla terra portino, come a suo tempo fece il diluvio universale, una purificatrice distruzione totale che mondi i peccati, ponendo fine alla razza umana.

A capeggiare la schiera di angeli legionari l’arcangelo Gabriele (Kevin Durand) che accetta di buon grado di farsi messaggero e portatore dell’ira divina sulla terra, onde spazzare via quell’essere imperfetto che ha usurpato il posto degli angeli nel cuore del Padre, così che gli angeli tornino ad essere i prediletti come è destino che sia.

Un angelo ribelle, il tormentato Michele (Paul Bettany) però non è d’accordo, crede nell’essere umano forse ancor di più del creatore stesso e arrivato sulla terra, abbandonate ali ed armatosi fino ai denti, decide di difendere l’ultima anima che potrà con la sua nascita salvare la razza umana, il figlio mai voluto che Charlie (Adrianne Palicki) cameriera in una stazione di servizio nel bel mezzo del nulla, porta in grembo.

Cosi sarà proprio quel luogo nel mezzo del deserto, campo di battaglia e ultimo baluardo di difesa dell’umanità e mentre l’Apocalisse divina farà il suo corso, una schiera di agguerriti soldati umani posseduti da angeli assedieranno il locale dove è asserragliata Charlie, intenzionati ad eliminare la scomoda prole umana, ma l’arcangelo Michele con l’aiuto di Bob (Dennis Quaid) il proprietario del locale, il figlio di quest’ultimo Jeep (Josh Lucas) e uno sparuto gruppo di clienti decisamente occasionali, armi alla mano uniranno le forze per difendere madre e nascituro.

In Legion L’esperto di effetti visivi ed esordiente Scott Stewart azzarda non poco  mettendo in scena una infinita serie di capisaldi del genere e clichè da B-movie, ponendo al centro della narrazione la figura dell’angelo vendicatore e sterminatore portata in auge da piccoli gioielli come L’ultima profezia, armandolo fino ai denti e dotandolo di massicce dosi di testosterone come nel recente Gabriel- La furia degli angeli, e inserendo suggestioni vampiro/demoniache in stile Constantine, Dal tramonto all’alba e 30 giorni di buio.

Non pago di questo escursus nel cinema di genere di nuova generazione, Stewart rincara la dose con una secchiata di B-cult d’annata che hanno fatto la storia del low-budget nel decennio 70-80, aggiungendo alla ricetta Terminator, Distretto 13, La notte dei mort viventi, e scopiazzando un piccolo cult televisivo che forse in pochi ricorderanno, ma che rappresenta la summa degli omaggi al B-horror, Il cavaliere del male, tv-movie della serie Racconti della cripta che insieme al Terminator di Cameron pone le fondamenta su cui Stewart costruisce  un film con non pochi difetti, anche se non privo di qualche intrigante suggestione che lo rende comunque digeribile, nonostante una sfacciatagine quasi da plagio.

Tra i molti  difetti di Legion l’irritante sensazione di già visto che attraversa ogni singola sequenza, vedi i cult appena citati, palesandosi addirittura nell’utilizzo degli effetti speciali pochi e decisamente mal sfruttati, vedi l’angelo/nonnina che passeggia sul soffitto da L’esorcista: La genesi o la tempesta di mosche e dinoccolato angelo/gelataio con mascellone deforme stile Imhotep, direttamente da La Mummia. Insomma la citazione in un B-movie è d’obbligo, ma non deve essere una scusa per una palese mancanza di idee e una imprescindibile impronta personale che qui purtoppo latita.

Pregi nel film ce ne sono sicuramente e si palesano con fatica nel guazzabuglio citazionista che il regista mette in scena in poco più di 90 minuti, un’ottima fotografia, una suggestiva colonna sonora, e alcune sequenze visivamente azzeccate, vedi alcune scene esterne dell’assedio o il corpo a corpo finale tra arcangeli, senza dimenticare un cast dignitoso castrato da personaggi monocorde e tagliati con l’accetta, alle prese con dialoghi che non permettono margine di caratterizzazione e mancanti dell’ironia necessaria, ne escono comunque dignitosamente il veterano Dennis Quaid e il bravo Paul Bettany, algido arcangelo che porta a casa il risultato migliore.

Detto ciò in Legion non è tutto da buttare, alla fine si sfiora comunque la sufficienza fermo restando che stiamo parlando di un prodotto da visionare in un decisamente più consono formato home-video, riguardo al regista lo attendiamo al varco con la sua prova d’appello presto nelle sale, il vampire-western Priest, sempre Paul Bettany ancora tormentato protagonista.