L’arte di vincere, recensione in anteprima

California 2001, siamo alle ultime battute della stagione degli Oakland Athletics che dopo una cocente sconfitta ai playoff con i New York Yankees si vedono saccheggiare la squadra da alcuni danarosi club concorrenti, perdendo così in un batter d’occhio tre giocatori chiave. La sconfitta sommata ad un frustrante senso di inadeguatezza economica renderà il general manager Billy Beane (Brad Pitt) furioso, ma a nulla varranno le sue richieste al presidente della squadra di aumentare il budget per essere un minimo competitivi, perchè non solo il budget resterà tale, ma sarà con quello che Beane dovrà far fronte al vuoto creatosi con la fuga dei suoi migliori atleti. Sarà durante un giro in cerca di sostituti a buon mercato che Beane incontrerà Peter Brand (Jonah Hill), un giovane laureato in economia con una passione per il baseball e la statistica. Beane ingaggerà Brand e con il suo supporto applicherà un complesso sistema matematico di valutazione statistica sia all’acquisto/cessione dei giocatori che allo schieramento della squadra in campo.

Dopo aver superato un periodo di assestamento piuttosto negativo e la diffidenza dell’allenatore Art Howe (Philip Seymour Hoffman) che remerà contro la nuova gestione costringendo Beane a cannibalizzare la squadra, arriveranno finalmente le vittorie e un record storico, ma l’obiettivo di Beane non è un anello, un trofeo o tantomeno un ingaggio ad otto cifre, ma bensì la possibilità più unica che rara di cambiare il baseball inteso come business dal suo interno, modificandone radicalmente i meccanismi economici che negli anni hanno contribuito a creare un notevole dislivello tra squadre, palesemente impossibile da colmare sul campo di gioco.

Davvero sorprendente il lavoro di scrittura fatto sul libro Moneyball: The Art of Winning an Unfair Game di Michael Lewis dalla coppia di sceneggiatori premio Oscar Steve Zaillian (Schindler’s List) e Aaron Sorkin (The Social Network), perchè è proprio nei dialoghi e nell’evoluzione narrativa della storia il cuore di questo solido dramma biografico a sfondo sportivo, che miscela con un tocco di estremo realismo gli elementi emotivi ed edificanti di film come Jerry Maguire e Ogni maledetta domenica ad un’esplorazione tra matematica e politica del mondo del baseball che ci ha ricordato la schiettezza di alcuni film come il recente Margin Callche cercano di rendere comprensibili temi oltremodo complessi, senza incorrere nell’errore di trincerarsi dietro un compiaciuto eccesso di tecnicismi.

Naturalmente la riuscita di un’operazione come questa non può certo prescindere ne dal lavoro svolto dal cast, notevole l’impegno profuso da Brad Pitt per umanizzare la figura del General Manager e lode anche ad un Jonah Hill tanto contenuto quanto credibile, ne tantomeno da quelllo del regista, Bennett Miller ripropone l’impronta realistica sfoggiata in Capote-A sangue freddo capace di cogliere chiaroscuri emotivi di rara intensità, che ci mostrano come in realtà in questa storia sia l’elemento umano il cardine e che quello matematico, messo alla gogna da tanta stampa specializzata, rappresenti invece solo ed esclusivamente uno mero strumento con cui provare a fare la differenza.

Nelle sale a partire dal 27 gennaio 2012

Note di produzione: il film è transitato al Toronto Film Festival 2011 ed ha aperto, fuori concorso la ventinovesima edizione del Torino Film Festival. Tra i riconoscimenti già ricevuti dalla pellicola segnaliamo Miglior attore (Brad Pitt) e Miglior sceneggiatura (Steven Zaillian/Aaron Sorkin) ai Boston Society of Film Critics Awards 2011 e Film dell’anno per l’American Film Institute. 18 prestigiose testate giornalistiche lo hanno inserito tra i 10 migliori film del 2011 tra queste il Chicago Tribune (2°), il Rolling Stone Magazine (4°), il Los Angeles Times (7°) ed Entertainment Weekly (8°).

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