Festival di Torino 2011, omaggio a Robert Altman

Comincia a delinearsi il programma della ventinovesima edizione del Torino Film Festival che si svolgerà dal 25 novembre al 3 dicembre 2011, è infatti di queste ore la comunicazione ufficiale che la retrospettiva principale della rassegna, che ogni anno omaggia un grande cineasta con un’imponente serie di proiezioni, sarà dedicata all’americano Robert Altman scomparso nel 2006, stesso anno che lo ha visto insignito di un Oscar alla carriera.

L’ampia filmografia del regita di M*A*S*H e Nashville che vanta oltre quaranta lungometraggi senza contare i suoi lavori per il piccolo schermo verranno proposti agli spettatori del festival in un’esaustiva retrospettiva che renderà senza dubbio giustizia ad uno dei più grandi registi americani, che anche nell’ultimo decennio di attività ha saputo regalare non poche emozioni agli appassionati di cinema.

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Courmayeur Noir in Festival 2010: brividi tra cinema e letteratura

Debutto quest’oggi per la ventesima edzione del Courmayeur Noir in Festival che come ogni anno propone un ricchissimo cartellone di produzioni cine-letterarie che sotto l’egida del noir, genere principe che miscela cultura popolare e autori d’alto profilo, raccoglie una ricercata selezione di cinema fantastico, thriller ed horror per una rassegna all’insegna del brivido ai piedi del Monte Bianco.

Quest’anno ad aprire le macabre danze come di recente accaduto in quel di Torino gli immortali e fascinosi vampiri, in questo caso in un’intrigante e moderna versione teutonica e al femminile grazie al campione d’incassi tedesco We are the night di Dennis Gansel che racconta l’amour fou tra una giovane ragazza e una secolare vampira.

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Festival di Venezia, 10 film da Leone d’oro

Visto l’avvicinarsi della data di debutto della sessantasettesima edizione della Mostra del Cinema di Venezia oggi vi proponiamo una seconda classifica dedicata al Leone d’oro, prestigioso riconoscimento assegnato dalla manifestazione.

Dopo aver menzionato nella precedente classifica i Leoni alla carriera assegnati ad alcuni dei piu grandi registi di sempre, oggi ci occupiamo invece dei film che dal 1946 sino all’ultima edizione della rassegna veneziana hanno vinto il Leone d’oro come miglior film.

Naturalmente abbiamo dovuto stilare una classifica facendo una cernita a volte molto difficile, ma cercando di selezionare pellicole che hanno trovato un posto anche nel cuore degli spettatori e non solo in quello di cinefili e critici, insomma un Leone d’oro che abbia messo d’accordo pubblico e critica.

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Il dottor T e le donne, recensione

L’affascinante Dr. Sullivan Travis (Richard Gere) noto come il Dr. T è un affermato ginecologo che ha tra le sue clienti le donne più ricche del Texas. la vita del Dr. T sembra davvero un paradiso, circondato da donne facoltose che lo idolatrano, una bella moglie e una figlia che sta per sposarsi, cosa si può chiedere di più?

In realtà la vita ideale del medico sta per andare in frantumi quando l’universo femminile che sino a quel momento lo ha coccolato in una sorta di ovattata e rassicurante dimensione femminina all’ennesima potenza comincia a mostrare inevitabili crepe esistenziali, la moglie Kate (Farrah Fawcett) dopo un crollo nervoso è costretta ad un ricovero in un istituto psichiatrico, la figlia maggiore Dee Dee (Kate Hudson) vicina al matrimonio nasconde la sua omosessualità e il sentimento provato per la sua damigella d’onore, mentre la minore Connie (Tara Reid) è ossessionata da paranoiche teorie complottiste.

Se questo non bastasse il Dr. T deve vedersela anche con una segretaria inesorabilmente infatuata e una sorella avvocatessa impicciona e in questo caos l’unica oasi di tranquillità sembra essere Bree (Helen Hunt) un’istruttrice di golf capace di regalargli qualche attimo di serenità.

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Raja Gosnell: mamma ho preso un Chihuahua!

Raja Gosnell nasce a Los Angeles, California, il 9 dicembre 1958, esperto di montaggio, campo in cui si distingue diventando indispensabile per registi del calibro di Robert Altman e Chris Columbus, per quest’ultimo ha montato i due episodi della serie Mamma ho perso l’aereo e il divertente Mrs. Doubtfire.

Nel suo curriculum, qualche lavoro come operatore di seconda unità e aiuto regista (Vengeance of a soldier-1987), molto montaggio, sua preminente attività (Pretty woman, D.O.A.), e alcuni film per la tv, fino all’esordio nella regia nel 1997 con il terzo episodio della serie Mamma ho perso l’Aereo, orfana dell’ormai troppo cresciuto Macaulay Culkin, Mamma ho preso il morbillo.

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Liv Tyler: lei balla da sola

Liv Tyler, un’irresistibile mix di sensualità da lolita e bellezza rassicurante, che indossi i panni di una diafana principessa, o balli da sola tra le colline toscane, la sua bellezza incanta e la sua bravura convince, stella in ascesa e attrice in costante crescita.

Liv Tyler nasce a Portland nel Maine (USA) il 1 Luglio 1977, frutto di una breve avventura tra la rockstar Steven Tyler leader degli Aerosmith e della ex-playmate Bebe Buell.

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James Franco: non solo Harry

Le sue origini sono estremamente eterogenee: italiane, portoghesi, svedesi. questo suo “essere multiformre” potrebbe averlo ispirato nella scelta della carriera da intraprendere. Fratello di David e Tom, ha studiato inglese alla UCLA, e poi si dedica anima e corpo alla recitazione.

Non passa molto tempo che arriva il debutto in tv in un episodio di Pacific Blue, poco dopo quello al cinema nella commedia Mai stata baciata. Sempre in televisione prende parte a Freaks and Geeks, anche se la serie viene poi sospesa.

Il suo volto e le sue capacità lo rendono l’interprete ideale per il film James Dean, ovviamente nel ruolo di protagonista. La partecipazione al film gli vale il Golden Globe come migliore attore protagonista, segnando una svolta notevole nella sua carriera.

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Festival di Venezia dalla cinquantunesima alla sessantesima edizione: da Abel Ferrara a Robert Rodriguez

A un certo punto mi sono reso conto di quello che significa “progresso”. Non sono ancora del tutto convinto che si tratti di un sinonimo di evoluzione. Tuttavia in un certo senso è come cadere dal letto mentre si sta giocando col proprio padre, o fratello, e, invece di fracassarsi completamente la testa, rompersi “semplicemente” un braccio.

Spesso, quando mi aggiro per le vie di Venezia, alla ricerca di tracce del festival, mi rendo conto che la gente ha l’ombrello aperto, ma non riesco a capire se lo fa perchè piove o per ripararsi dal solo. Sono così tante le cose che confondo, con questa confusione di auto e di novità. Anche i colori sono cambiati, non c’è più la discriminabilià di un tempo, dentro e fuori le persone.

E’ come se per qualche motivo le cose si siano complicate in modo esponenziale, abbastanza all’improvviso. Il mio unico timore è quello di non poter assistere, col fiato sospeso e i violini che stridono sadici nelle mie orecchie, a scene di vendetta, in terza persona, quasi bidimensionali, in cui il sangue del riscatto schizza orizzontalmente sulla neve, colorandola in modo caotico.

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I Sutherland: Donald e Kiefer destini incrociati

La caratteristica che più accomuna Sutherland padre (Donald) al figlio (Kiefer) è senza dubbio la duttilità, la capacità di ricoprire i ruoli più disparati con la garanzia pressoché matematica d’ottenere un risultato che risponde alle aspettative, la chiave del successo dei due attori è tutta qui, quanto basta per includerli nel novero dei più amati dal pubblico.

Che Donald McNichol Sutherland fosse capace di tutto lo si intuisce dalla sua biografia. Nato in Canada nel 1934, fa il dj in una radio privata e nello stesso tempo si paga gli studi per diventare attore, un sogno destinato a divenire realtà che il nostro persegue strenuamente, al punto da imbarcarsi per l’Inghilterra dove si iscriverà alla London Academy for Dramatic Arts.

Ogni ruolo sembra adatto a lui, Donald non sfigura mai neanche quando a inizio carriera, il cinema italiano gli concede la grande occasione di proporsi ma in film di bassa qualità. Col passare del tempo parti più decorose si profilano all’orizzonte come quella del capitano Pierce nella versione cinematografica di Mash a firma Robert Altman. Anche il nostro Federico Fellini, si accorge di lui e gli offre il ruolo del protagonista in Casanova, cosi come un altro grande maestro di casa nostra Bernardo Bertolucci lo trasforma nel cinico Attila del suo Novecento: il legame con l’Italia è forte. Con quel viso da eterno marpione, il sorrisetto ironico e irriverente Donald Sutherland da l’idea di saperla lunga e nulla sembra poterlo turbare.

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