Anamorph: recensione

locandina1Il detective Stan Aubrey (Willem Dafoe) è un ottimo investigatore, certo la sua personalità è minata da tutta una serie di piccoli tic e manie che nel corso degli anni si sono accentuate grazie al suo lavoro, lavoro che lo vede confrontarsi quotidianamente con morte, cadaveri e perversioni varie, il che fa capire anche una sua certa inclinazione per la bottiglia, ma come non capirne le profonde motivazioni?

Ecco che un bel giorno nella vita di Aubrey rifà capolino un vecchio caso, sembra che in città sia arrivato un emulatore del vecchio Zio Eddie, uno psicopatico con velleità artistiche arrestato anni prima, un serial killer che creava sculture con pezzi di cadaveri e poi con una tecnica particolare che sfruttava la prospettiva forzata, mostrava allo spettatore di turno devianti e mostruose opere d’arte.

Con l’aiuto del giovane collega Carl Uffner (Scott Speedman), Aubrey cercherà di esplorare la mente dell’omicida, studiandone la creatività deviata, cercando di capirne azioni e motivazioni, mentre il mostruoso artista aumenterà la sua creatività con l’aumentare delle vittime…

Anamorph è un solido thriller dall’efficace atmosfera che ammicca apertamente a Seven di David Fincher, e segue la scia di recenti e poco fortunati thriller come The Horsemen o il nostrano Visions, rimanendo però, qualitativamente, una spanna al di sopra degli ultimi due titoli citati, e offrendoci un paio d’ore di tensione ben calibrata.

Williem Dafoe è perfettamente a suo agio nel ruolo di Aubrey, il suo volto scavato lascia uno spiraglio d’ambiguità che l’attore non nasconde allo spettatore, mentre la sua spalla, Scott Speedman, si dimostra un giovane talento in crescita.

Il resto è  repertorio classico da serial thriller, cadaveri mutilati, location cupe, incubi partoriti da menti malate e protagonisti sofferenti ed ambigui, il tutto accentuato da una fotografia cupa e satura che il regista Henry Miller sa ben valorizzare.

Certo una volta superata la sorpresa e l’intrigante/inquietante vena creativa del serial killer di turno, si viaggia su binari sin troppo prevedibili, ma come ogni buon thriller anche Anamorph ha le sue carte da giocare, e poi dopo un cult come Seven non è che si possano chiedere miracoli.