Amici miei-Come tutto ebbe inizio, recensione

La saga di Amici Miei, capolavoro monicelliano all’insegna della malinconica goliardia si sposta indietro nel tempo alla ricerca delle origini in quel di Firenze, siamo infatti alla fine del ‘400 alla corte di Lorenzo De’ Medici.

I toscanacci che hanno segnato il percorso e forse l’epilogo della commedia all’italiana stavolta in questo inedito formato retrò hanno le fattezze di Michele Placido (Duccio), Giorgio Panariello (Cecco), Paolo Hendel (Jacopo) e la coppia da cinepanettone Massimo Ghini (Manfredo) e Christian De Sica (Filippo).

I cinque incapaci di diventare adulti si aggirano come mine vaganti per la città organizzando scherzi e goliardate varie spesso all’insegna del pecoreccio, le loro zingarate come una sorta di fontana dell’eterna giovinezza gli permettono di fuggire alle responsabilità di una vita adulta e a dimostrazione della follia che ne pervade l’operato neanche l’avvento di un’epidemia di Peste in città servirà a frenarne le gesta.

Purtroppo ad un certo punto un po’ la peste, un po’ i concittadini fattisi furbi i grulli cominceranno a scarseggiare e toccherà proprio ad uno di loro tramutarsi suo malgrado da carnefice a vittima designata, così che la grande beffa come stile di vita possa perpetuarsi.

Nonostante le numerose proteste di fan e cultori di cinema il discusso prequel Amici miei-Come tutto ebbe inizio va in porto, alla regia il veterano Neri Parenti, forse l’unica sicurezza in tutta questa operazione diciamo un tantinello pretestuosa e oltremodo poco rispettosa di una serie di film che hanno fatto la storia del cinema italiano, grazie ad attori di calibro e una cattiveria e malinconia di fondo che con il secondo capitolo raggiungerà il suo culmine chiudendo il ciclo con un terzo episodio firmato da Nanny Loy nel 1985 che concluderà malinconicamente un’epoca di zingarate storiche.

Con il discutibile I mostri oggi di Enrico Oldoini si era già oltremodo sconfinato nel grottesco con la terribile moda dei remake dei classici all’italiana, ma fino a che si trattava di operazioni all’insegna del mediocre vedi Le barzellette dei fratelli Vanzina, ci si poteva pure stare, ma quando si sono cominciati a toccare classici di maestri come Risi e Monicelli, di quest’ultimo si è tentato addirittura un’inquietante reboot futuristico dell’Armata Brancaleone con il disastroso 2061-un anno eccezionale, le cose sono cominciate a sfuggire di mano e il bisogno di far cassa senza investire nulla in creatività ha inevitabilmente preso il sopravvento.

Che dire siamo di fronte all’ennesima operazione botteghino, un cast che vede gli eroi da spot televisivo Ghini e De Sica con i novizi, ma ormai in piena deriva da cinepanettone Giorgio Panariello e Massimo ceccherini, Hendel che fa il toscanaccio, Placido che dopo lo spassoso Oggi sposi e Manuale d’amore 3 rigioca la carta comedy e infine un ruolo anche per il desaparecido Alessandro benvenuti altro toscanaccio doc.

Amici miei-Come tutto ebbe inizio scivola via senza lasciar traccia di se tra qualche risata e tanta tristezza di fondo per un commedia italiana bifronte, che se da una parte prova a riconquistare un’indentità e dignità propri, dall’altra si ripete ad oltranza puntando come di consueto allo spettatore meno accorto e più pigro, che non fa troppe distinzioni tra spot pubblicitari, cinema e reality all’insegna di un insipido minestrone precotto di facile e pronto consumo.