A.I. Intelligenza Artificiale, recensione

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In un futuro in cui i robot hanno raggiunto in tutto e per tutto sembianze umane, si sta per compiere un’ullteriore passo in avanti che porterebbe i Mechas, cosi vengono chiamati gli androidi di ultima generazione, a provare emozioni.

Come spesso accade il raggiungimento di tale obiettivo richiederà una serie di test, uno di questi è il piccolo mecha David (Haley Joel Osment), che fungerà secondo la società Cybertronics da apripista per tutta una nuova linea di androidi-bambino che aiuteranno coppie senza figli o che ne hanno perso uno, come nel caso di Monica ed Henry Swinton (Frances O’Connor/Willliam Hurt) che hanno un figlio sospeso in ibernazione a causa di una malattia incurabile.

David verrà consegnato alla coppia con un unico avvertimento, prima di procedere all’inprinting, un procedura irreversibile che legherà indissolubilmente David a loro dovranno rifletterci molto attentamente, perchè se mai dovessero cambiare idea David dovrà essere distrutto. La coppia troverà con il tempo conforto nel piccolo mecha e deciderà di effettuare la procedura, purtroppo quello che nessuno si aspetta è che il figlio dei due venga curato e si prepari a tornare a casa.

David scoperto quale sarà il suo destino proverà a convincere i suoi neo-genitori a tenerlo, ma sarà l’istinto materno di Monica a salvarlo perchè durante il viaggio di ritorno per la Cybertronics David verrà abbandonato in un bosco dalla stessa Monica incapace di condurlo a morte certa. Inizierà così per David una lunga odissea che lo porterà in cerca del suo creatore per scoprire come diventare un bambino vero.

Il regista Steven Spielberg porta a termine un progetto coltivato per anni dal collega Stanley Kubrick, che dal lontano 1970 sognava di portare sullo schermo il racconto breve di Brian Aldiss Super-Toys all summer long, progetto che la sua morte al termine delle riprese di Eyes Wide Shut gli impedì di portare a termine.

Sullo schermo naturalmente di Kubrick c’è solo l’intento, il resto è lo Spielberg-pensiero all’ennesima potenza, Il film si presenta come un gioiello ad alta tecnologia che cita Pinocchio e Blade Runner, con il piglio fiabesco che ha contraddistinto tutte le incursioni nel fantastico e nella fantascienza del regista, vedi E.T. L’extrraterrestre, anche in questo caso anche con l’aggiunta degli amati alieni.

A.I. Intelligenza Artificiale è un sontuoso omaggio all’immaginario del regista e al bambino mai cresciuto che gli ha permesso di creare cult con gli occhi di un Peter Pan e il talento di un maniacale professionista. Il film incanta, a tratti spazientisce, fa riflettere con il suo carico di citazioni filosofico-psicanalitiche, ma purtroppo non funziona in toto, diventando in alcuni frangenti prolisso e pretenzioso, ma mantenendo senza dubbio il fascino del capolavoro mancato.

Note di produzione: nel film il Pinocchio di Collodi viene omaggiato anche con la lettura di un libro, nel cast oltre al veterano William Hurt anche Jude Law nei panni di un mecha-gigolò. Il film apprezzato dalla critica non convinse all’epoca la platea statunitense, compensando però con i botteghini interznazionali, con un incasso di oltre 235 milioni di dollari a fronte di un budget investito di 100.