Astro Boy, recensione

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Nella futuristica citta di Metro City lo scienziato Tenma è un genio della robotica che utilizza la sua abilità per creare macchine factotum che vengono utilizzate quotidianamente dalla popolazione della città, e che hanno l’unico scopo di facilitarne vita e quotidiano.

Tenma ha perso tragicamente il suo unico figlio Tobio e questo dolore non riesce ad attenuarsi, così decide di indirizzare il suo genio ed i suoi sforzi nella catartica  costruzione di un automa che misceli l’avanzata tecnologia robotica a disposizione, le fattezze del figlio perduto ed una serie di accorgimenti che miscelano emozioni umane, indole infantile e valori alti come il rispetto per la vita altrui e la giustizia.

Nasce così una versione robot del suo Tobio, una macchina volutamente imperfetta dotata di un letale sistema di armamenti, ma anche di emozioni e delle peculiarità di tutti i bambini, cosi da bravo figlio il nuovo Tobio cercherà di essere all’altezza delle aspettative del padre.

Qui si tocca un cult made in Japan, Astro Boy è considerato il padre di tutti i moderni anime, il suo creatore Osamu Tezuka creò Astro Boy nel lontano 1951. aggiungendo al suo personale Pinocchio elementi tipici delle produzioni giapponesi dell’epoca come la tecnologia e una grafica semplice e di grande impatto, che trasformò negli anni la sua creatura, dopo la prima trasposizione in serie animata del ’63,  in un icona del fantastico.

Naturalmente chi si aspettava di veder rispettata appieno l’opera originale ha fatto finta di ignorare il fine ultimo di operazioni del genere, cioè l’occidentalizzazione di un prodotto tipicamente orientale e per appassionati, ad uso e consumo di un pubblico il più variegato possibile, quindi qualsiasi riferiumento all’originale in termini di fedeltà era pura utopia.

Astro Boy mantiene la semplicità dell’originale, certo con il tempo il manga divenuto anime ha assunto spessore, ma la sua forza rimaneva nell’impatto visivo semplice e nella linearità di trama e personaggi che in questo caso vengono ancor più semplificati appannaggio esclusivo di un pubblico di bambini.

Il film di David Bowers ammicca alle atmosfere hi-tech dell’originale, ma come da copione trasforma il manga di Tezuka in un prodotto d’animazione di ultima generazione, snaturandone inevitabilmente grafica e contenuti per renderlo il più fruibile possibile.

E’ ingenuo stupirsi che un ibrido di queste proporzioni e con questi intenti non rispetti in pieno l’originale, anzi avremmo preferito aspettarci una simile cura nella confezione, anche quando si è trattato di adattare il Dragonball di Toryama letteralmente massacrato da un risibile versione live-action.

Quindi tutte le premesse sono state rispettate in pieno, Astro Boy è un film tecnicamente notevole, che ha subito solo in parte i deleteri effetti di una trasposizione made in Hollywood, diventando un discreto prodotto per bambini, cosa di cui tutti erano ben consapevoli sin dal’inizio, quindi cultori del manga e dell’anime originale alla larga, e benvenute famiglie con prole.