Sbirri: recensione

Il giornalista Matteo Gatti (Raoul Bova) come la maggior parte dei genitori non si rende conto della deriva presa dal figlio, l’adolescenza odierna è preda di innumerevoli tentazioni e così l’assunzione di una pastiglia d’ecstasi distrugge la famiglia Gatti che si ritrova con un figlio morto ed un matrimonio sull’orlo del collasso.

Forse è per metabolizzare ed elaborare il lutto a modo suo, forse è alla ricerca di un colpevole, forse è il voler esplorare il mondo dell’adolescenza a volte così astruso e lontano nonostante tutti, lui compreso, a suo tempo ne abbia fatto parte e ne abbia parlato il linguaggio e accettato le regole non scritte, fatto sta che Gatti si propone per lavorare fianco a fianco di una vera squadra antidroga e raccontare dal di dentro quel mondo che ha contribuito ad uccidere suo figlio.

I rischi sono alti ma Gatti li accetta e così si arruola con tanto di travestimento nella squadra antidroga che opera in borghese nella città di Milano, assisterà ad inseguimenti, irruzioni, retate ed arresti, capirà operazione dopo operazione il rischio affrontato da questi poliziotti, che mettono a repentaglio quotidianamente la loro vita per contrastare il commercio di droga e per vincere tante piccole battaglie consapevoli di combattere una guerra persa in partenza…

Sbirri utilizza la docufiction come punto di snodo narrativo, un canovaccio che collega le varie riprese dando l’idea di una storia articolata, il resto è molto reportage di guerra, con scene concitate, un coraggioso utilizzo del digitale e la voglia di creare un ibrido tra reportage televisivo e linguaggio cinematografico.

Raoul Bova è sempre efficace, è un attore che si impegna sempre al massimo e quando, come in questo caso, crede fortemente nel progetto, da l’anima. Il regista Roberto Burchielli parla il suo linguaggio, e lo fa con efficacia, il risultato finale può risultare a tratti un pò ostico perchè lo sconfinamento tra stili cinematografici crea una sensazione di sfasamento a chi guarda e rende arduo per la pellicola trovare una propria identità, ma Sbirri è un un esperimento che ha nella sua imperfezione la sua più grande forza, consigliato a chi cerca una buona via di mezzo tra realismo e fiction che non abbia un’impronta troppo televisiva.