Scent of a woman: recensione

scent_of_a_woman_ver1Charles Simms (Chris O’Donnell) è uno studente proveniente da una prestigiosa scuola, ben educato, molto intelligente, anche se lui sembra non accorgersene, che arrotonda il sussidio statale scolastico con alcuni piccoli lavori in qualità di accompagnatore.

Il suo prossimo lavoro consisterà nell’assistere il tenente-colonnello Frank Slade (Al Pacino), ufficiale e non vedente ormai in congedo da qualche anno durante le festività del giorno del ringraziamento.

Nel frattempo l’ultimo giorno di scuola Charles assiste ad uno scherzo ai danni della macchina del preside, quest’ultimo lo convoca in ufficio chiedendogli i nomi dei responsabili in cambio di una lettera di raccomandazione per l’università.

Durante le festività Charles pensa molto alla proposta del preside, mentre impara a conoscere Slade che si rivela una persona molto interessante fascinosa e al contempo indurita dagli eventi della vita, nonchè irresistibile seduttore di belle donne per le quali l’uomo non nasconde una grande passione.

Dopo il pranzo del ringraziamento passato in casa del fratello di Slade, Charles ha un’avventurosa corsa in Ferrari con Slade e ne sventa un tentativo di suicidio, il rapporto tra i due si consoliderà e Slade diverrà punto di riferimento e sorta di figura paterna per il regazzo, ancora indeciso sull’opportunità offertagli dal suo preside…

Scent of a woman è il remake di Profumo di donna di Dino Risi, pellicola del 1974 interpretata da un istrionico Vittorio Gassman, il regista Martin Brest non si impegna più di tanto a connotare registicamente il film, segue la scia dell’interpretazione del grande Al Pacino che si conquista un meritato e doveroso premio Oscar.

Il film è questo, la storia è una tela bianca su cui improvvisare l’intensa gamma emotiva del personaggio di Pacino, il giovane co-protagonista si lascia guidare dagli anni e dall’esperienza accumulati dal protagonista rendendosi conto pienamente del pezzo di storia del cinema hollywoodiano con cui sta recitando e adoperandosi dignitosamente a fare la propria parte.

Il regista Martin Brest (Beverly Hills Cop, Vi presento Joe Black) fa quello che fece a suo tempo Barry Levinson con Rain man e Dustin Hoffman, lo si potrebbe tacciare di manierismo, di essersi adagiato troppo su uno script cucito addosso al’ipertalentuoso protagonista, noi preferiamo pensare che abbia voluto lasciar spazio alla recitazione sfornando un dignitoso remake e regalando ad Al Pacino il giusto placoscenico per una grande performance.