Amori in corsa, recensione

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Anna Foster (Mandy Moore) è la figlia del Presidente degli Stati Uniti (Mark Harmon), purtroppo vita amorosa e privacy sono praticamente impossibili visto che le strettissime misure di sicurezza applicate per proteggere l’importante ed ingombrante figura paterna coinvolgono inevitabilmente anche lei.

Così quando il servizio di sicurezza rovina l’ennesimo appuntamento di Anna, quest’ultima si ribella chiedendo un’intera serata di libertà in compagnia della sua amica Gabrielle (Beatrice Rosen), il padre pur riluttante in un primo momento sembra accettare a malincuore le richieste della figlia, promettendo un ridotto servizio di sicurezza per un imminente viaggio presidenziale programmato a Praga, che non intralcerà la serata di libertà delle ragazze intenzionate una volta sul posto ad assistere ad un concerto.

Anna giunta al concerto si accorge della presenza di un numeroso servizio di sicurezza e capisce che il padre ha infranto la promessa e visto che il genitore sembra insensibile ai suoi bisogni decide di organizzare una fuga con l’amica, così una volta elusa la sorveglianza si imbatte per caso in Ben (Matthew Goode), inconsapevole che il ragazzo è un agente dei servizi segreti in incognito.

Inizierà per lei la tanto agognata parentesi di libertà che gli permetterà di divertirsi anche oltre le sue più rosee aspettative, ma la ragazza è inconsapevole che la sua serata n realtà si svolgerà in totale sicurezza e che suo padre ha organizzato tutto in modo che l’illusione sembri il più reale e sicura possibile.

Dopo lo sfortunato Una teenager alla casa bianca con Katie Holmes, ancora una comedy-romance dedicata alle difficoltà quotidiane di una First daughter, figlia del comandante in capo degli Stati Uniti d’America, con tutto il carico di responsabilità e oneri che il ruolo non richiesto richiede.

Il film rispetta tutta una serie di stereotipi irrinunciabili per una teen-comedy a cui si aggiunge in questo caso il fascino del Vecchio Continente e l’appeal da road-movie che in molti casi dinamicizza e sopperisce ad un plot eccessivamente prevedibile, arricchendo la messinscena con suggestioni romance da cartolina.

Ed ora un’occhiata a cast e regista, protagonista l’efficace Mandy Moore in patria anche popstar in ascesa che sembra aver intrapreso con un certo successo la carriera cinematografica prediligendo ruoli comedy, vedi Pretty Princess, Romance and Cigarettes e Perchè te lo dice mamma. Il principe azzurro di turno è il giovane ralento inglese Matthew Goode visto di recente accanto a Colin Firth in A single man e nel cinefumetto Watchmen. Il regista Andy Cardiff ha un curriculum prettamente televisivo, tra i suoi numerosi lavori per il piccoo schermo episodi per le sit-com Spin City con Michael J. Fox e La vita secondo Jim con James Belushi.

Note di produzione: il film è ispirato alla figura di Chelsea Clinton figlia dell’ex-Presidente degli Stati Uniti Bill Clinton. Per la realizzazione delle sequenze nella stanza ovale della Casa Bianca sono stati usati sfondi in CGI, nel cast nel ruolo del Presidente la star del piccolo schermo Mark Harmon, dal 2003 protagonista del serial NCIS tutt’ora in onda sulla CBS.