X-Men le origini: Wolverine, recensione in anteprima

Incipit da tragedia greca, un doppio omicidio, un padre ucciso dal proprio inconsapevole figlio, la verità sulla propria natura letale e immortale, una natura mutante condivisa con un fratello con il quala attraverserà le nebbie del tempo, combatterà battaglie e vincerà guerre, un fratello che è un pozzo nero di violenza, che si lascia attrarre dal lato oscuro e lo fa con immenso e bestiale piacere.

Così i due fratelli, novelli Caino e Abele, si scontrano con le loro coscienze e la loro diversa natura, e inevitabilmente si separano all’ombra di un governo e di un esercito manipolato da uno scienziato folle, che reclutandoli in una squadra speciale li utilizzerà contro la loro stessa specie per farne strumento di selezione ben poco naturale.

La vita del mutante Logan ora scorre abbastanza tranquilla, se non fosse per gli incubi e quella rabbia che ogni tanto torna in superficie insieme ai suoi artigli di cartilagine che incontrollabili si fanno prepotentemente strada tra carne e muscoli, ora ha una donna da amare, un lavoro, una quasi vita, ma il passato ritorna nei panni del fratello, ora noto come Sabretooth, che comincia ad uccidere i membri della vecchia squadra di cacciatori di mutanti, sarà la donna di Logan a pagare il prezzo più alto della guerra fratricida.

Logan indossa le vesti del vendicatore Wolverine, lascia che l’animale sopito in lui torni a galla, che la rabbia prenda il sopravvento, si allea con i militari e si lascia trasformare in un contenitore vivente di Adamantio, un metallo indistruttibile che ne modifica la struttura ossea e quasi lo uccide, ma che trasforma i suoi artigli in micidiali lame affilate ed il suo corpo in una potente corazza vivente, ma il tradimento è dietro l’angolo, nessuno è quel che sembra, tutti contro tutti, gli alleati diventano nemici, i nemici imprevedibili alleati e la guerra tra mutanti e umani si mostra inquietante all’orizzonte…

X-Men le origini: Wolverine mantiene quasi tutte le promesse e delude su pochi fronti, Hugh Jackman da il meglio con il suo Wolverine che già nella trilogia originale dei mutanti aveva dimostrato un palese carisma da solista, la sua aderenza al personaggio non è solo fisicamente notevole, ma anche psicologica e caratteriale, lo si avverte nelle scene in cui la rabbia disperata del mutante Wolverine esce dalla gabbia mostrando zanne e artigli.

Un discorso a parte va fatto per la prova veramente notevole di Liev schreiber, il suo Sabretooh è un villain coi fiocchi, cancella chiunque gli stia accanto, in qualche occasione rischia addirittura di mettere in ombra l’ipertrofico protagonista se non fosse che quest’ultimo ne utilizza la forza espressiva come un personale amplificatore emotivo che fa pendere sempre la bilancia a  proprio favore.

A volte la storia si lascia scoprire troppo in fretta, alcune carte non vengono giocate al momento giusto, alcuni personaggi sembrano perdersi lungo la strada, ma comunque nel quadro generale rimangono particolari pressoche insignificanti, vincente anche la scelta di un regista da cinema d’autore come Gavin Hood (Il suo nome è Tsotsi, Rendition-detenzione illegale) non avvezzo al genere che da all’operazione un pò di spessore e freschezza che fanno del film qualcosa di più che un fracassone giocattolone hi-tech.