Wim Wenders: visioni d’autore

Scrivere di Wim Wenders non è facile, limitarsi ad una freddo elenco stracolmo di date e titoli ridurebbe non poco l’importanza di questo cineasta, quindi una piccola premessa e’ doverosa per descrivere questo artista, attento osservatore dell’umanità e del suo più etereo contenuto, l’anima, acuto testimone dell’evoluzione, visionario che esplora sentimenti e animo umano attraverso una dicotomia che riflette l’intero spettro delle emozioni umane, un binomio che coincide con l’inizio e la fine: la vita e la morte. E’ chiara la profondità artistica di questo regista che anche nei suoi lavori meno incisivi, ci riferiamo alle ultime produzioni, rimane un maestro indiscusso ed uno sperimentatore sempre all’avanguardia nonchè profondo conoscitore del mezzo cinematografico e dei suoi segreti.

Dobbiamo, per dovere di completezza, ricordare che Wim Wenders nasce a Dusseldorf in Germania il 14 agosto 1945, figlio di un medico, dopo il diploma, l’idea è di seguire le orme paterne, si iscrive alla facoltà di medicina, che abbandona quasi subito.Segue repentino trasferimento in quel di Parigi dove frequenta una scuola di cinema ed apprende i rudimenti della narrazione su pellicola, è il 1966, passano alcuni mesi e il regista torna in patria e frequenta una scuola di cinema locale, la IDHEC, in questo periodo che va dal 1967 al 1970 si occupa anche di critica cinematografica e scrive per alcune riviste, nascono i primi esperimenti, cortometraggi, diciamo esplorativi e figli dei tempi, gira così dal 1967 al 1969: Scenari, Lo stesso giocatore spara di nuovo, Città d’argento, Film sulla polizia, Alabama 2000 anni luce.

Wenders ha una vita sentimentalmente ricca, ma travagliata, molte unioni e altrettanti divorzi, molte attrici che ritroveremo nei suoi lavori, Liza Kreuzer, Ronee blakley, Isabelle Weigarten, e la fotografa Donata Wenders, sposate, amate, ma per problemi legati alla sua salute, Wenders non avrà da nessuna di loro un figlio.

Superato il periodo dei cortometraggi, anticamera obbligatoria e palestra per qualunque regista, Wenders gira il suo primo lungometraggio, il suo film di diploma, Summer in the city (1970) girato in bianco e nero, narra le vicissitudini di un ex-galeotto e del suo difficile reinserimento nella società. Seguiranno due film drammatici La lettera scarlatta (1972) e Alice nelle città (1973), poi finalmente i primi riconoscimenti, il regista si guadagna il premio Fipresci, con il film Nel corso del tempo (1975), dramma che narra di una Germania postbellica in cerca di rinascita, vista attraverso gli occhi di due uomini incontratisi per caso lungo il confine delle due germanie separate allora dal muro di Berlino.

Seguono la trasposizione del romanzo giallo L’amico americano (1977), e Nick’s movie-lampi sull’acqua (1980), omaggio all’amico regista Nicholas Ray. Da qui in poi, pioggia di premi e riconoscimenti, Lo stato delle cose (1982) vince il Leone d’oro al Festival di Venezia, e dopo il poliziesco Hammett: indagine a Chinatown (1983), quello che da molti è considerato il suo capolavoro, Paris, Texas (1984), splendido road movie con una sorprendente Nastassia Kinsky, che si accaparra il premio Fipresci, Palma d’oro e premio della giuria a Cannes, nonche’ il BAFTA come miglior regia, un vero trionfo.

Ancora una Palma d’oro per Il cielo sopra Berlino è il 1987, Wenders risponde ai critici che lo accusano di eccessiva prolissità narrativa, con la parabola di due angeli in cerca di risposte in una Berlino fotografata in uno splendido bianco e nero. L’anima di critico lo aiuta nella sua partecipazione come giurato al festival di cannes nel 1989, dove si appassiona ai documentari e lo stesso anno dirigerà Appunti di viaggio su moda e città’, seguito nel 1993 dal sequel de Il cielo sopra Berlino: Così lontano, così vicino, quest’ultimo insignito del premio della giuria a Cannes.

Arriva il periodo più difficile, artisticamente parlando per Wenders, dopo il coinvolgente documentario Buena vista social club (1998), nomination agli Oscar per il miglior documentario, arriva il controverso The million dollar hotel (2000), Orso d’argento a Berlino e Non bussare alla mia porta (2005), il regista si avvicina al cinema americano, considerato commerciale, e delude i suoi fan più puristi, ma sforna, diatribe contenutistiche a parte, due pellicole efficaci, visivamente intriganti e mai banali. Il nostro viaggio  attraverso la filmografia di Wenders si conclude con l’ultima e come sempre discussa opera Palermo shooting, racconto denso e fin troppo narrato, che allontana il regista dal suo cinema stilisticamente  visivo ed immaginifico, trasformandolo in un prolisso ed esagerato pastiche, dai toni surreali e poco incisivi.

Wim wenders rappresenta uno dei più intelligenti e visionari cineasti che la cinematografia mondiale abbia conosciuto, criticato aspramente per molte sue opere, ma amato incondizionatamente dal suo pubblico, da parte nostra,  premi e riconoscimenti a parte, non possiamo non inchinarci di fronte ad una creatività  che nel bene e nel male ha profondamente segnato il cinema e un’intera generazione di registi.