Speedman e il bivio

La vita di una superstar non è paragonabile con quella delle persone comuni; certo, si tratta di un luogo comune, ma dovete pensare alla mente di una persona che non ha vissuto come e dove abbiamo vissuto noi. Dobbiamo pensare a quello che, a un certo punto della vita, ci si può parare innanzi.

Non siamo tutti uguali, e non sto parlando di qualità, almeno non solo. Siamo tutti miracoli in potenza, esplosioni in procinto di essere, che poi risultano mediamente in un lento bruciare; c’è chi poi non si accende mai, e c’è chi, come Speedman, esplode davvero.

Sono pochi, e vivono tutti a Hollywood. Sono esplosioni che durano nel tempo, sono così pochi rispetto alla media della popolazione, che quasi tutti le vediamo, o le abbiamo viste, e per noi sono più simboli che persone, icone, immagini della cui reale natura sappiamo poco o niente.

Il momento del giudizio arriva quando, il motore che abbiamo acceso tanto tempo fa, ci spinge ad andare in una direzione, sempre la stessa; magari si tratta di una in cui non vorremmo più andare, ma è pur sempre l’unica cosa che sappiamo fare.

Speedman è un attore, anzi, è una star, e non sa essere altro; uno dei tanti paradossi hollywoodiani vuole è che pur sapendo essere solo quello, non sa più esserlo più come vorrebbe. Forse non vuole, forse non può, fatto sta che il mondo esige una scelta di fronte a un bivio.

Non si tratta più di dover rendere conto ai genitori, o alla famiglia: il pubblico è il parente, l’amico, il partner con cui si litiga e si fa l’amore con facilità, è lui a chiedere e a pretendere. La ricerca della soddisfazione della volontà altrui diventa l’unico obiettivo.

Il confronto sta alla base di questo agire apparentemente infecondo. Gente che, come noi, si trova sulla ruota del successo, ma in un corrispondenza di un altro punto, nella fase ascendente. Difficile riconoscere in loro i se stessi del passato o del futuro: si vede l’altro, e un altro migliore, sempre più potente, più pronto, più preparato, prevaricatore.

Non ci si immedesima nell’altro, ma si vive questa presenza ingombrante, estranea, come ciò che vuole rubarci quello che è nostro, che deve essere nostro per sempre; ma tutto scorre, tutto si deteriora, tutto passa di mano.

E’ uno stato che si può accettare o non accettare, e quest’ultima è l’opzione più difficile, la scelta più grave, quella che ci mette in gioco nel momento in cui siamo più deboli, nel momento in cui non riusciamo a non sentirci esposti alle intemperie.

Ritorna quell’antico entusiasmo, la voglia di fare, la necessità di vedere e di vedersi nella squadra, in modo da rinfrescare i ricordi di quel periodo in cui non eravamo sufficienti a noi stessi, in cui si combatteva e si lottava a fianco agli altri, vedendoli non solo come mezzo per la via del successo, ma come veri e propri compagni d’avventura.

E’ giunto quel momento per Speedman, il momento di calpestare una foresta vera; il momento di sfuggire dalla trappola angusta e confortante dell’obiettivo, distruttiva ma altamente consigliata per chi non ha voglia di “scommettersi ancora”.

L’esito è certo, sta nell’intenzione e nella motivazione. Non c’è incidente che renderà il risultato di tutto questo una sconfitta, che se ne esca vivi o morti.