Soul Kitchen, recensione

la-locandina-italiana-di-soul-kitchen-143081

Zinos (Adam Bousdoukos) è un ragazzo di origine greca che gestisce con scarso successo un ristorante in quel di Amburgo, oltre ai problemi economici in cui sguazza si aggiungono anche quelli sentimentali, perchè la sua fidanzata è in procinto di partire per un lungo viaggio che la terrà lontana per molto tempo, e quindi la ragazza chiede a Zinos di lasciare tutto per seguirla.

E se questo non bastasse c’è anche il fratello Illias (Moritz Bleibtreu) complicare le cose, visto che arrestato per furto, è ora in libertà vigilata e lavora nel locale, il che crea qualche tensione e un bel surplus di ansia allo già stressato Zinos, aggiungiamoci controlli sanitari e relative minacce di chiusura, nonchè un infortunio alla schiena che sembrerà proprio il K.O. definitivo.

Il destino comunque non gli volterà del tutto le spalle, anzi dopo averlo messo alla prova gli regalerà un’inaspettato Jolly rappresentato da un geniale e bisbetico chef, che si rivelerà una piacevole sorpresa dando con la sua cucina nuovo vigore al ristorante che finalmente comincerà a dare i suoi frutti, e non solo, perchè al nuovo cuoco si unirà la musica del fratello Illias che si riciclerà DJ, ma proprio quando tutto sembrerà girare per il verso giusto…

Quello che colpisce da subito nel nuovo film di Fatih Akin, suo l’intenso La sposa turca, è il voler approcciarsi al genere comedy con genuino entusiasmo e la voglia di divertire e divertirsi, omaggiando uno dei piaceri della vita per antonomasia, il buon cibo e utilizzandolo come veicolo per raccontare di amore, famiglia, amicizia, sesso e fortuna, il tutto con un contrappunto musicale davvero coinvolgente.

Soul Kitchen ha il pregio di essere genuino, diretto e perfettamente in sincrono con il nuovo cinema globalizzato, che con The Millionaire ha dato il via ad un miscellanea di sapori e suggestioni cinefile che Akin ha saputo dosare e rievocare, prendendo a prestito l’amore per le tradizioni della sua terra natia, Akin è di origine turca, miscelandole abilmente con il suo essere cittadino europeo e l’amore per un cinema, quello americano, che ne ha influenzato la crescita artistica.

Certo ogni tanto viene il sospetto che questa improvvisa schiettezza e questa atmosfera sin troppo intrigante che traspare dalla pellicola, siano un furbo escamotage per sfornare un prodotto che funzioni su larga scala, che attiri un pubblico il più variegato possibile, ma anche se così fosse non si può non apprezzare la semplicità e la fruibilità di una pellicola che intrattiene con così tanta efficace leggerezza.