Il paradiso all’improvviso, recensione

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Lorenzo (Leonardo Pieraccioni) lavora in una società che produce effetti speciali per cinema e teatro, e visto che la sua ditta lavora anche per privati viene contattato dalla bella Amaranta (Angie Cepeda), sensuale colombiana che chiede a Lorenzo di organizzare qualcosa di spettacolare per la sua festa di fidanzamento.

Purtroppo o per fortuna, il fantomatico fidanzato in procinto di sbarcare ad Ischia non si fa vedere, e Lorenzo trascorrerà un romantico fine settimana in compagnia di Amaranta che sembra molto interessata a lui, non si capisce se per architettare una ripicca verso il fidanzato latitante, fatto sta che Lorenzo si lascia piacevolmente ammaliare dalla sirena sudamericana.

Quindi in barba a tutti i buoni propositi fatti, come evitare relazioni impegnative  e puntare alla vita da single come assunto esistenziale all’insegna della misoginia, e senza ascoltare neanche gli avvertimenti della sua assistente/grillo parlante Nina (Anna Maria Barbera), Lorenzo si lascia  coinvolgere con il rischio stavolta grosso di restar scottato.

Ci siamo, ormai Pieraccioni si è adeguato al rassicurante trend da cinepanettone, dopo Il ciclone e il bell’esordio de I laureati, l’attore e regista toscano ha continuato a sfornare una serie di comedy fotocopia con la bellona di turno, le gag da toscanaccio e un ruolo che a parte il mestiere e qualche dato anagrafico è intercambiabile da un film all’altro.

Questo è sbagliato? No se la cosa non diventa pedante, e no se non si continuano a ripetere sino alla nausea i clichè della commedia romantica con puntatine goliardiche e smielato lieto fine, ma la tentazione è forte e i risultati confortanti,  questo film batte addirittura il colosso Natale in India, quindi perchè variare la ricetta se basta dare un’insaporita al piatto con qualche spezia esotica?

Il paradiso all’improvviso rimane una comedy romantica leggerissima come una carta velina, da vedere una volta e dimenticare in fretta, inutile inserire Anna Maria Barbera come familiare diversivo televisivo, la storia è sempre quella, e certo non bastano panorami incantevoli, qualche battuta azzeccata e una memorabile bellezza per nascondere i limiti di un’operazione che finisce sempre con il provocare un irritante sensazione di già visto.