Settimo comandamento: incubi dal futuro

Un’inquietante Genova di un cupo e orwelliano futuro, il diverso come virus da debellare, una donna uccisa, un colpevole che non pagherà e due poliziotti alla ricerca di un innocente già condannato.

Settimo comandamento, diretto da Marco Bertora, vive di suggestioni cinefile infinite, si ciba di cult che hanno, a partire dal nichilista Orwell 1984, creato un vero e proprio genere, che con Arancia meccanica, passando per i più recenti Equilibrium e V per vendetta descrivono un cupo futuro creato per pochi, in cui i molti soccombono alla legge del più forte.

Tecnicamente ineccepibile, ottimo il montaggio, adeguata la colonna sonora, ottima la location, Genova con i suoi vicoli senza tempo ben si presta ad una futuristica collocazione aumentando quel senso di claustrofobia che già trasmette la cupa fotografia.

Punto dolente recitazione e dialoghi, la indubbia qualità tecnica di questo corto viene però minata da una interpretazione degli attori che lascia molto a desiderare, troppo enfatica e tronfia, questo peggiorato da una serie di dialoghi infarciti di retorica che se in film come Arancia meccanica attraverso un gergo, quello dei Drughi, assumevano un tono surreale e sarcasticamente fascinoso, qui sembrano avere lo scopo di impartire una lezione moralista sul bene e sul male con principi e conclusioni così nette da lasciare alquanto perplessi.

L’intento di denuncia e il palese impegno nel difendere e portare avanti un messaggio importante come quello contro il razzismo si infrange sulle ridondanti frasi dei poliziotti e dell’ispettore, che assumono i toni di ridicola propaganda d’altri tempi, che, se già oggi risultano particolarmente esagerate, pensiamo in un eventuale futuro oscuro e nichilista che sia.