Rick O’Connell: dipendente dall’avventura

Il suo sguardo aperto sembra spaziare continuamente su uno dei tanti orizzonti che ha esplorato. Quando anche il silenzio lo circonda, i pensieri sorvolano la sua mente; le avventure del passato raccontano l’oggi, e stare seduti a sorseggiare del whisky non spegne quel rumore interno, che si traduce in voglia di avventura.

Pensando a lui, mi viene in mente il problema, generico, delle dipendenze. Mi spiego meglio. Il fatto è che quando siamo su un aereo che precipita a tutta velocità verso il suolo, proviamo emozioni differenti. C’è una sorta di mismatch tra noi: io chiuderei gli occhi, cercando un istantaneo oblio. Lui no. Anche Rick O’Donnel ha paura, ma spalanca gli occhi, e magari riesce pure a scherzarci.

La questione è che c’è chi, di certe cose, non può fare proprio a meno. La dipendenza dall’avventura non è un quadro clinico conclamato, ma nel suo caso andrebbe istituito. In una società che ti spinge in modo piuttosto insistente verso un certo tipo di vita, mi rendo conto che anche per uno come lui non sia facile lasciar esplodere sempre questa coazione a ficcarsi nei guai.

Il mondo, gli altri, chiedono altro; non vogliono che lui si getti in una tomba a occhi chiusi, non vogliono che si cacci nei guai e che lotti contro il faraone. La casa, la famiglia, la stabilità e la quotidianità. In pochi concetti si riassume la buona vita richiesta oggi.

Il lato positivo è che il tutto è molto semplice. In fin dei conti, basta non fare certe cose; basta trattenersi. E’ sufficiente non portare con sè armi, è sufficiente non seguire le strade sterrate invece di quelle asfaltate.

E se qualcuo gli chiede se può assumersi un incarico pericoloso, basta dire di no; in fondo non mancano i soldi, in fondo non manca la possibilità di fare tutt’altro. Ma lui non ci riesce. E’ più forte di lui, Rick è uno che preferisce uscire dalla finestra; magari da quella del secondo piano.

Qualcuno vedrebbe questo impulso a commettere atti molto pericolosi come una sorta di disturbo del controllo delgi impulsi; detto in modo smeplicistico, non riesce a mantener eil controllo quando è necessario. Personalmente la vedo in modo molto diverso.

Una sorta di insofferenza effettivamente c’è, ma considerarla patologica mi sembra eccessivo. Consideriamo principalmente due fatti: il primo è l’effetto che questo tipo di dipendenza ha avuto su di lui e sull’umanità.

Se non fosse stato per Rick, e per i rischi che ha corso, le cose oggi sarebbero diverse. Rick lotta, combatte, salta, e sta bene. Quando va a pescare, va a finire che usa la pistola perchè il relax della pesca, nel silenzio e nella meditazione, non fa per lui.

Il secondo aspetto è l’origine, per quanto se ne possa speculare, di tale insofferenza; dal momento in cui si va a parlarne, emerge che la sua è una caratteristica estremizzata di tratti normali: la curiosità, la voglia di conoscere, la voglia di scommettere, perchè ne vale quasi sempre la pena.

Il concetto è che finchè si è in gioco, tanto vale giocare, senza fermarsi solo perchè si pensa di star andando troppo oltre. L’alterità, rispetto alle sue, delle emozioni che proviamo mentre lo vediamo mentre si azzuffa con una mummia o mentre salta da un treno in corsa, è spiegabile attraverso la nostra stessa, curiosità viscerale verso certe cose.

Una vita in viaggio, una vita per conoscere un mondo su cui viviamo e di cui la maggior parte di noi non sa niente. Un cambiamento radicale di vita, in questo senso, potrebbe forse essere la soluzione della maggior parte dei problemi di molte persone.