Max Payne… dallo psicologo

Il desiderio di vendetta si esplica nell’assunzione di un ruolo nel contesto della propria vita e di quella degli altri. Si tratta di una responsabilità che arriva, che viene barattata con la disperazione, e che in qualche modo non riusciamo più a srollarci di dosso.

Il trauma non è mai abbastanza lontano. Il tempo a volte riesce a cancellare le ferite, a volte le cristallizza, disegnandoci un cerchio intorno, che man mano diventa una vera e propria cornice, come a sottolineare la violenza di quello che è successo.

Non si dimentica. Non si dimentica mai. Si guarda avanti, ma davanti agli occhi si ha il disegno che il sangue ha lasciato sulle pareti della casa. Non si dimentica, perchè quella chiazza sembra il disegno fatto da un bambino piccolo, in modo ingenuo e divertito.

Per un attimo viene da sorridere pensando a un’immagine simile. Si cerca il modo di reinquadrarla in quello che è: la scena di un delitto. La scena di una strage. una strage perpetrata mentre si è in un altro mondo disegnato da qualche sostanza.

Dal momento in cui la si assume, non si è più gli stessi, si pensa in un altro modo, come quando uno sviluppa una mentalità imprenditoriale. Come in un’azienda, vi è una rioganizzazione degli obiettivi; per un attimo il corpo sembra privo di leadership: il Consiglio di Amministrazione della nostra vita sta dibattendo per discutere quale sia lo scopo vero.

Una riunione che sembra non finire mai, ma che ala fine emette il suo verfetto, che è sempre, sempre lo stesso. Non ci sarà altro scopo all’infuri di me, dice la droga. E qui arriva Max. Max non è un redentore, è un punitore nel senso più fumettistico del termine.

Di fronte a lui non ci sono barlumi di speranza nè voglia di ricominciare, di fronte a lui c’è solo un tunnel che prima o poi finirà, ma che nel frattempo può essere scrostato da una buona parte della feccia che vive sulle sue pareti.

La ricerca di chi ti ha distrutto la vita, Max, è simile a quella di chi si riempie l’organismo di molecole allucinatorie; siete più simili di quello che pensi, il problema è che a te non interessava affatto ritrovarti in questa condizione.

Quel che è stato è stato, ormai. Non ci sono più scuse, non ci sono più analisi da fare. Uno scoppio e il proiettile è in viaggio verso il prossimo cranio. Vi entra a rallentatore, perchè solo tu, Max, sai come fare una cosa del genere, anche se a vederti da fuori non sembri un supereroe.

Poi gentilmente il proiettile fa toc toc. Il cranio, pigro, non risponde, e il proiettile, con laconico sorriso, sbriciola. E tutto si sbriciola così facilmente che sembra uno di quei giochi in cui si attiva il trucco e non si muore mai.

La scena si ripete centinaia, migliaia, infinite volte, fino a che, un giorno, la tua gelida sete non sarà finalmente placata. La ricerca del proprio destino o al più la sua messa in discussione non fanno parte dei programmi prossimi futuri della tua vita.

Tu cerhi la vendetta, e il mondo ti offre la possibilità di cibartene. Continua. Vai avanti. Prima o poi, anch’io potrei aver voglia di veder qualcuno gemere in una pozza di sangue, e tu potresti avere preceduto qualsiasi mia azione.