James Bond – Agente 007 con licenza di uccidere

James Bond sembra avere un carattere generativo per quanto riguarda la storia personale. Ha l’aria di essere una fucina di eventi di vita, infinita quantità di mattoni atta a costruire una figura intensa, densa di caratteristiche uniche e speciali.

Speciale lo è, sia come agente, sia come uomo. Alla ricerca di qualcosa che cambia nel corso delle sue incredibili avventure. Si muove nell’ombra con la certezzadi chi ha il bersaglio chiaro fin dal giorno della sua nascita, ma il bersaglio cambia forma, cambia faccia, cambia posizione.

Chiamarlo bersaglio è una distorsione. Si chiama obiettivo, per lui e per qualsiasi altra persona. Pare impossibile, ma essere speciale, essere invincibile, non lo rende diverso. La precisione con cui colpisce, la chiarezza che ha in mente quando escogita un piano, tutto questo non lo rende necessariamente “diverso”.

Ormai è diventato un emblema, quasi una leggenda per quello che riguarda lo stile e il modo di essere, anche se essere come lui non è certo facile, dato che per essere come lui bisogna necessariamente “essere stati” come lui.

La sua personalità cambia nel corso degli anni, su un sottofondo impegnativo e doloroso, la sua evoluzione racchiude missioni compiute e sogni infranti. Il ciak viene dato con l’acquisizione della licenza di uccidere, che in situazioni simili a quelle con cui deve confrontarsi quotidianamente, rappresenta la licenza di sopravvivere.

La resistenza infinita al dolore non lo rende immune ai fatti della vita, ne è piuttosto una conseguenza, anche se questi, specie quelli più drammatici, hanno l’effetto di almentare un processo avviato e inarrestabile dentro di lui. Impossibile da sconfiggere, incredibilmente freddo di fronte al crollo di un palazzo, o alla morte di qualcuno davanti a lui.

Niente è privo di effetto, se le cose che succedono non si vedono, vuol dire che succede qualcosa dentro. Il prezzo da pagare per l’invincibilità è proprio questa impossibilità di raggiungere quello che si desidera, indipendentemente dalla propria volontà.

Gli eventi spazzano barbaramente via dalla strada di fronte tutto, e rimane il vuoto; il vuoto percepito dall’eroinomane che ha smesso con la sostanza, il vuoto percepito dal sicario per vocazione; proprio in quel momento la vita stessa diviene una missione.

Una missione da portare a termine, una missione in cui impieghiamo tutte le nostre capacità, dato che non abbiamo altra possibilità, dato che se ci guardiamo intorno non vediamo altro; un modo estremo di concentrare la nostra attenzione, un modo obbligato, in cui diventa più facile riuscire che fallire.

Non avere niente da perdere non è la sola condizione necessaria, ma tutto rientra in un quadro di normalità rubata, di vita ridotta all’impossibilità di scegliere. Una biglia incanalata in un percorso obbligato da una spinta dalla quale non ci si può sottrarre.

Dall’altro lato, tutto: il lusso, le donne, l’estetica, tutto viene portato allo straordinario, tutto viene portato al massimo, e diventa la nostra vita, e diventa l’immagine che diamo di noi stessi. Niente, però, è a costo zero: è molto più difficile, per un attore, perdere la capacità di piangere spontaneamente, che non averla mai avuta.