I registi italiani spendono troppo?

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Tira una brutta aria nell’industria cinematografica italiana, ma a sentire i vari personaggi coinvolti il problema è sempre il medesimo ed è quello che fa girare l’economia mondiale il binomio costo/ricavo.

Purtroppo come è consuetudine questa applicazione tutta matematica cozza con il cinema ed il suo naturale aspetto artistico, è vero che i cache di molti attori nostrani sembrano un tantinello esosi, guardate i 250 ooo euro di Giovanna Mezzogiorno o quelli di Sergio Castellitto, ma è anche fondamentalmente un problema di finanziamenti, approccio produttivo e maestranze.

Cosi dai piani alti si avverte la crisi con onerosi tagli nei finanziamenti statali, c’è chi grida allo scansdalo perchè il cinema è una forma d’arte ed espressione dell’immagine italiana nel mondo, dall’altra parte in molti si chiedono, ma il novanta per cento dei film italiani distribuiti e quelli che non arrivano mai in sala, nel mondo verranno mai visti?

Questa diatriba è secolare, produttori contro registi ed attori tacciati di eccesso di pretese, e visto che tutto il mondo è paese anche all’estero sarà sicuramente così, invece è decisamente meno grave la situazione internazionale, senza allontanarci troppo dall’Italia, molti registi francesi si sono lasciati affascinare dal realismo e dalla indubbia praticità del digitale, mentre in Italia i nostri cineasti ancora sono restii nell’utilizzare questa nuova tecnologia a basso costo. in Francia tutto il contorno, Tv di stato e pay-tv collaborano ad abbassare i costi e i tempi di produzione, poi ci sono i privati che sopperiscono alle fisiologiche carenze statali.

Non è semplice, il cinema sta affrontando la crisi come tutta l’industria italiana, girano meno soldi sicuramente, il nostro cinema in parte non appaga il grande pubblico e molte produzioni riescono a coprire a malapena  le spese di produzione, spaventando potenziali investitori privati, poi ci si mette anche il cinema americano che anche nel caso di qualità inferiore ci presenta un piatto gustoso e variegato puntando sui generi e sulla spettacolarizzazione tutta amricana di concepire il cinema.

Per alcuni  la soluzione è una rivalutazione di Cinecittà e nel rendere i film più appetibili a finanziamenti privati, il  che non significa per forza mancanza di spessore o cinepanettoni a go-go, basti pensare al kolossal di Tornatore Baaria che ha usufruito di una massiccia dose di finanziamenti privati e aprirà la prossima Mostra di Venezia, insomma un bell’esempio di sinergia tra arte e produttività.