Frantic, recensione

I coniugi Frank e Sondra Walker (Harrison Ford e Betty Buckley) si recano a Parigi per un congresso, il signor Walker è uno stimato chirurgo, e approfittano del viaggio per passare una romantica vacanza insieme all’ombra della Torre Eiffel.

Un volta in albergo la coppia scopre che una delle loro valige è stata scambiata e avvertito l’ufficio bagagli dell’aereoporto del disguido di rilassano in attesa della cena, ma Frank si troverà solo in camera visto che la moglie è uscita senza avvertirlo.

Tranquillizzato dal fatto che la consorte potrebbe essere andata a fare un pò di shopping si addormenta, ma al suo risveglio Sondra non è ancora tornata e cosa più inquietante nessuno sembra sapere dove possa essere finita.

Preoccupato Frank comincerà a seguire alcune tracce lasciate dalla moglie e dopo essersi confrontato con la lentezza della burocrazia francese, deciderà di indagare da solo in una città praticamente sconosciuta, ad aiutarlo l’ambigua Dedè (Emanuelle Seigner) la proprietaria della valigia scambiata.

Roman Polanski si trova particolarmente a suo agio con il i ritmi e le suggestioni del thriller, così dopo il flop di Pirati il regista francese torna alle atmosfere che gli hanno permesso di sfornare un capolavoro del calibro di  Rosemary’s baby, stavolta  citando Hitchcock e immortalando una parigi cupa e melanconica attraverso uno script solido, una regia elegante ed una immersiva colonna sonora composta dal maestro Ennio Morricone, tutti elementi vincenti che trasformano Frantic in un classico del genere.

Naturalmente parte del merito va ai due protagonisti, un efficace Harrison Ford e la brava Emanuelle Segnier al suo primo ruolo di rilievo e la cui ambigua bellezza Polanski metterà di nuovo a frutto nel suggestivo La nona porta, dove il regista tornerà a trattare la tematica soovrannaturale ed esoterica.

Note di produzione: Betty Buckley, che nel film interpreta la moglie scomparsa di Ford, ha transitato in un altro classico del genere Carrie: Lo sguardo di satana di Brian De Palma, mentre il co-sceneggiatore Gérard Brach, assiduo collaboratore di Polanski, è tra gli autori della trasposizone cinematografica de Il nome della rosa.