Crosscurrent incanta la Berlinale

E’ stato presentato a Berlino “Crosscurrent”, enigmatico e affascinante film del cinese Yang Chao: un’esperienza spiazzante dal punto di vista narrativo, ipnotica da quello estetico.

La pellicola affonda le radici nella filosofia buddista e con l’ermetismo poetico del suo racconto, è uno di quelle che spinge lo spettatore rinunciare a una lettura tradizionale, razionale, occidentale del suo racconto, e a fare della visione un’esperienza che tocchi corde profonde, emotive, basate sull’itinto.

Lo fa, e se lo può permettere, grazie anche ad un impianto formale potentissimo, e non lo per la splendida e variegata cornice naturale del fiume Yangtze, il Fiume Azzurro.

Perché quelle acque a bordo della sua nave da carico, risale il giovane Gao Chun, ed è su quelle sponde che, a ogni porto, cerca e incontra An Lu, un amore fantasmatico, forse perduto, narrato dai poemi manoscritti che ha ritrovato nella stiva della sua nave e che sembrano raccontare e commentare lo stesso percorso che lui sta effettuando. Gao Chun e An Lu vanno paralleli e controcorrente, contro il fluire della vita, ringiovanendo e rincorrendosi, ma perdendosi sempre più, prigionieri entrambi dello spettro del loro amore e della loro storia.

La corrente, la foce e la sorgente, la fine che incontra l’inizio: Crosscurrent è esplicitamente e profondamente buddista, la storia di Gao Chun e An Lu un poema misterioso sul senso della vita e dell’amore che Yang Chao fotografa mescolando un 35mm nebbioso e sgranato e digitale, con scelte formali e narrative sorprendenti e affascinanti, capaci di alternare il minimalismo del gesto, del movimento, del dettagli alla grandiosità del paesaggio e alla complessità del tema e del sentimento.
Di certo uno dei film più belli del Festival, capace di ripagare della fatica (anche piuttosto relativa) che può richiedere.