C’era un cinese in coma, recensione

Ercole Preziosi (Carlo Verdone) è un agente di spettacolo di basso profilo, per lui sagre di paese, qualche concorso di bellezza provinciale e un parterre di artisti da rappresentare davvero desolante, tra cui l’unico che sembra dargli qualche soddisfazione finisce in malora gettandolo nella disperazione più nera.

A casa per Ercole va pure peggio con un’algida moglie russa schiava della chirurgia plastica e sempre più nevrotica ed una figlia che sembra un’estranea, incapace di trovare alcuna confidenza con un padre latitante troppo spesso fuori casa per lavoro.

Proprio quando per Ercole sembra imminente il disastro, ecco arrivare l’occasione di una vita grazie al suo autista, l’aspirante comico Nicola Renda (Beppe Fiorello) che non solo salverà una serata in extremis esibendosi al posto di un artista di Ercole, ma si rivelerà un talento comico cinico e provocatorio che sembra incontrare i gusti della grande platea.

Ercole purtroppo non riuscirà per molto a gestire il successo del suo nuovo pupillo, soldi, fama, donne e infine la droga arriveranno a minare il talento del ragazzo che finirà come da copione per pugnalare alle spalle il suo pigmalione non appena ne avrà l’occasione.

Carlo verdone dopo il mediocre Gallo Cedrone in cui ripescava qualche suggestione macchiettistica da piccolo schermo, prova a raccontare il mondo dello spettacolo attaverso uno sguardo cinico che gli è piuttosto congeniale, vedi Compagni di scuola e piu recentemente Sono pazzo di Iris Blond e bisogna ammettere che anche se con qualche difficoltà l’amarezza che traspare dai personaggi arriva con la giusta enfasi e permette sia a Verdone che a Beppe Fiorello, qui al suo primo ruolo da protagonista, di dar vita a momenti di buon spessore emotivo.

Certamente Verdone ripercorre senza rischi un sentiero già tracciato con successo con il suo Sono pazzo di Iris Blond sostituendo il mondo della musica leggera con quello del cabaret, ma bisogna dire che si assume il rischio di presentare al pubblico personaggi per nulla accomodanti e piuttosto spigolosi, questa cattiveria ed amarezza di fondo è il fil rouge dell’intera pellicola che regala volontariamente risate a denti stretti e ben poche verdonate.

C’era un cinese in coma sino al finale con barzelletta palesa il bisogno del Verdone autore di ripercorrere alcune suggestioni di una commedia all’italiana che non c’è più, tanto popolare quanto feroce nel dissacrare la sua stessa platea inconsapevole di guardare se stessa in uno specchio deformante si, ma pieno di tic, bassezze e nevrosi collettive ben radicate nella realtà.

Verdone è forse l’unico che ancora prova a percorrere quella strada che ha reso celebri attori come Sordi e Gassman e registi come il compianto Monicelli, certo gigionerie da piccolo schermo e più di qualche scivolone costellano da sempre i lavori dell’attore e regista romano, ma considerando che ci troviamo di fronte all’ultimo baluardo della vera commedia all’italiana e ad un antidoto al desolante trivio da osteria dei cinepanettoni formato Boldi/De Sica, ci teniamo volentieri pregi e difetti dell’autore romano in attesa che qualche giovane promessa ne raccolga il testimone.