Recensione: 35 rhums

E’ una Parigi nascosta quella che viene ritratta in 35 rhums, pellicola fuori concorso presentata alla 65ma Mostra del cinema di Venezia. La capitale francese non appare visivamente come una metropoli; un condominio semideserto, i vicoli notturni bagnati dalla pioggia, i locali periferici senza insegne luminose ne calca di clienti.

Attraverso questi luoghi, la regista Claire Denis, veterana della Mostra del cinema di Venezia, con Al diavolo la morte, Beau travail, L’intruso, ci mostra una Parigi diversa, in cui si sente la multirazzialità della popolazione francese e la difficoltà dell’integrazione culturale.

Lionel, macchinista del metrò parigino è vedovo e vive solo con sua figlia. La loro vita ormai sembra quella di una coppia, si prendono cura l’uno dell’altra come se il tempo non passasse mai. Un padre, una figlia, i due vicini di casa, ed il resto del mondo fuori. Un racconto di vita quotidiana, incentrato sull’amore, sulla solitudine e sul bisogno di essere parte dell’esistenza di qualcuno.

Come la vita dei suoi protagonisti, 35 rhums, scorre sui binari delle ferrovie parigine, gli stessi che quotidianamente percorre Lionel col proprio lavoro, ed insieme a lui viaggiano i destini di chi potrebbe scegliere una vita migliore ma non ne ha la forza. Nel film di Denis si viaggia sempre, ma senza mai spostarsi veramente, senza mai partire davvero, perché manca il coraggio o l’occasione.