Recensione: Troy

Mitologia e cinema non sono certo un binomio inconsueto, senza giungere a citare titoli che fanno parte di un bagaglio cinematografico quasi archetipico. Troy è un film del 2004, e in questo film vengono raccontate le vicende legate alla guerra di Troia, come ci è arrivata attraverso una lunga tradizione che si perde nella confusa figura di Omero.

Wolfgang Petersen si immedesima nell’aedo Omero, e prova a raccontarci in chiave cinematografica una summa di ciò che Omerco ci racconta nell’Iliade, focalizzando la propria attenzione sul rapimento di Elena, e sulla personalità di Achille (Brad Pitt).

La storia non manca certo d’attrattiva, considerato che ha più di tremila anni e che viene raccontata e studiata con una certa minuziosità: l’assedio della città di Troia da parte dei Greci viene scandito da alcune fasi fondamentali, caratterizzate per lo più da confronti face-to-face tra i mitologici protagonisti della vicenda.

Il filo conduttore del film può essere considerato come quello che vede Achille andare incontro alla propira fine, seminando sul suo cammino il germe della morte e della vendetta. Il personaggio da lui interpretato brilla di una luce micidiale che ammiriamo e temiamo, e la cui natura semidivina viene messa in evidenza dalla comprensione non sempre immediata dei suoi sentimenti.

Corre l’anno 1193 a.C., e la maggior parte del mondo civilizzato è in mano ad Agamennone, grande regnante d’altri tempi; la scintilla dell’intera vicenda è il ratto della bellissima Elena, che viene rapita dal principe di Troia Paride che vede bene di portarla via al marito, Menelao, re di Sparta.

Il fatto viene quindi usato dagli astuti sovrani come pretesto per dare vita a un assedio storico alla città di Troia, e poter mettere sotto scacco uno degli ultimi baluardi che ancora resistono alla potenza ellenica.

Brian Cox è un Agamennone come francamente non ho mai immaginato. Sovrano da carta e penna, si gode vantaggi e soddisfazioni del suo essere re, ma non è il condottiero slanciato e scaltro, e saggio al tempo stesso, che ho sempre visto nella mia mente.

Così Menelao (Brendan Gleeson), fratello di Agamennone. Paride (Orlando Bloom) non è in grado di battersi, è completamente fuori luogo, non fa parte di quel tempo fatto di guerra, di vite brevi e gloriose.

Sembra un uomo di oggi, senza difesa, privo di quell’acciaio dentro che rende Achille quello che è. Achille, dal canto suo, è perfettamente a suo agio: è questo quello che trasmette, una pacata e a volte annoiata indifferenza nel combattere.

La sua natura di semidio gli dà la possiiblità di fare esattamente quello che vuole, e quando decide di fermarsi, lui si ferma. Che dire del film? Si tratta di fare una serie di considerazioni piuttosto variegate, perchè non è facile cogliere chiari e scuri di un’opera che ha una quantità simile di implicazioni.

Il film sa molto di action-colossal americano, e non ha alcuna intenzione di fingere di essere qualcos’altro. Brad Pitt ne è il simbolo, l’emblema ideale, biondo e perfetto, invincibile e potente quanto basta per potersi permettere qualsiasi cosa.

La trama è relativamente fedele a quella originale, pur rendendo conto alla scontata necessità di surrogare. Viene lasciato molto spazio all’azione e al combattimento, e non ci perdiamo neanche il momento dell’entrata nelle mura della città grazie al leggendario cavallo di legno.

Nota assolutamente positiva, che racchiude una serie di elementi estremamente positivi: il Priamo interpretato da Peter O’Toole ricorda da vicino il padre distrutto raccontato in versi da Omero, distrutto dalla morte del figlio, distrutto dalla visione della sua città distrutta.