Recensione: Reeker – Tra la vita e la morte

Quando mi sono reso conto che stavo entrando al cinema per vedere un film horror, una strana sensazione mi ha attraversato da capo a piedi: una sorta di brivido, una specie di terrore al quale sono stato condizionato a causa degli utlimi horror su cui ho posato il mio sguardo immacolato.

Il colpo di grazia– l’attacco solare, come direbbe Daitarn– me l’ha sferrato Doomsday. Allora ho pensato: sai cosa faccio? esco e vado a riguardarmi Kung Fu Panda un’altra volta, che non fa mai male.

Ma poi il mio Super Io è intervenuto e mi ha redarguito: sii uomo! Entra e affronta Reeker! Ed è andata meglio del previsto. Sicuramente il nuovo film di David Payne è molto meglio di come si lo presentano le premesse generali, specie basandosi sulle statistiche degli ultimi tempi.


Non temete, nessuna rivoluzione: i cliche sono tutti lì dove li abbiamo lasciati: un gruppetto di ragazzi diretti a un rave rimane bloccato, senza benzina, presso una stazione di servizio. Il problema è che non c’è nessuno, e il clima è molto strano: un totale deserto, e intorno il deserto vero.

Come se non bastasse, arriva il solito, misterioso Mister X a rompere le uova nel paniere agli incauti ragazzi, che faranno da cavie per gli esperimenti di un misterioso carnefice. Rivelare qualcosa di più sulla trama sarebbe criminale: infatti, che ci crediate o no, qui la trama ha un ruolo.

Badate bene, non sto dicendo che Reeker sia un capolavoro: siamo ben lontani da spunti innovativi e geniali; tuttavia è presente una trama interessante e una fotografia che in certi momenti ho trovato davvero bellissima.

I cliche, già citati, ammiccano ai “classiconi” del genere, in particolare, a causa dell’ambientazione, mi è subito balzato alla mente Le Colline hanno gli Occhi. Ci sono i massacri, si salta sulle poltrone, ma c’ è qualcosa di più.

Ho infatti compreso che, man mano che il film andava avanti, iniziavo a pormi delle domande. Insomma, in altre parole Reeker stava accendendo la mia curiosità. Ripeto, non aspettatevi finali particolarmente articolati o complessi, ma il tutto, alla fine, acquista un senso, e questo è un buon segno.

La qualità delle immagini non è male, mentre quella dei dialoghi lascia abbastanza a desiderare; il flusso comunicativo tra i personaggi è intermittente, disordinato, a tratti completamente privo di senso, e perfino involontariamente comico.

La cosa buffa è che non danno noia più di tanto. Il grosso del lavoro è lasciato infatti alle immagini, che mostrano scene gore di tutto rispetto ed effetti speciali piuttosto curati.

La situazione presto diventa tragicomica, nel senso che i personaggi cominciano a chiedersi quale sia la loro sorte, e in che razza di situazione si trovino; ma le cose sono diverse dai film di questo tipo: stavolta anche lo spettatore non sa niente.

Solitamente siamo noi, seduti al cinema, onniscenti come dei silenziosi e impotenti narratori, a cui è impedito gridare di girarsi o di stare attento a questa o quella minaccia. Stavolta, anche noi ci troviamo in difficoltà, e non sapremmo bene che dritta dare. Simpatica la partecipazione di Michael Irionside.