Recensione: Il curioso caso di Benjamin Button

A New Orleans, nella prima notte dalla fine della Grande Guerra del 1918 la signora Button dà alla luce un bambino deforme, rugoso e vecchio, che il marito non esita a definire mostro e ad abbandonare davanti ai gradini delle scale di una casa di riposo gestita da Queenie (Taraki P. Henson).

La donna decide di prendersi cura del bambino, che chiama Benjamin (Brad Pitt), pur sapendo che a causa dei problemi fisici che il dottore riscontra, potrebbe morire da un giorno all’altro. Non è così: più il tempo passa più Benjamin ringiovanisce.

Nonostante la sua diversità Benjamin decide di vivere appieno il mondo che lo circonda e di amare per tutta la vita solo di Daisy (Cate Blanchett) una ballerina anticonformista, che sin da quando era piccola, era riuscito a vederlo oltre l’aspetto fisico.

Il curioso caso di Benjamin Button è un drammatico a tinte romantiche, diretto da David Fincher, candidato a tredici premi Oscar, che racconta la storia americana attraverso gli occhi di un personaggio fuori dal comune, che vuole farsi sorprendere dalla vita.

Il film è creato appositamente per piacere: la storia riprende un po’ da Titanic (la protagonista da vecchia racconta la sua storia d’amore, in questo caso aiutandosi con il diario) e molto da Forrest Gump (dal personaggio di Benjamin, molto Forrest, a quello di Daisy molto Jenny, fino al capitano della nave che ricorda molto il tenente Dan, senza contare il modo in cui si sviluppa la storia, la frase ripetuta “Nella vita non sai mai cosa c’è in serbo per te” e la poeticità del film, non a caso sceneggiato dallo stesso scrittore, Eric Roth); gli effetti speciali e il trucco sono spettacolari (vedere Brad Pitt passare da vecchio decrepito a giovincello fa impressione), la fotografia sublime (quel seppiato adorabile) e la scelta di Brad Pitt e soprattutto di Kate Blanchett particolarmente azzeccata.

L’unico neo nel film, oltre a ricalcare forse troppo con la succitata somiglianza a Forrest Gump, è che non è facile mantenere la stessa tensione per oltre due ore e mezza, così se all’inizio ci si sofferma di più sulla storia di Benjamin, verso metà del film, per non risultare noioso, si accelera nettamente e si punta di più sulla storia d’amore tra il protagonista e la sua amata e il relativo dilemma sulla possibilità che il loro amore duri per sempre, che è certamente proficuo a livello di ritmo, ma insoddisfacente a livello di storia (che posti ha frequentato Benjamin? Che conoscenze ha fatto? Cosa ha scoperto della vita?).

Concludendo: Il curioso caso di Benjamin Button è certamente bello ed emozionante, con delle scene magistrali come la ricostruzione dell’incidente di Daisy e i brevi racconti dell’uomo colpito sette volte da un fulmine, che sono la classica ciliegina sulla torta, ma non è a livello di Milk o The Millionaire, a causa di un messaggio troppo semplice e una struttura troppo classica.