Machan , recensione

In Sri Lanka Manoj e l’amico Stanley cercano di sopravvivere sbarcando il lunario con qualche lavoretto e nel contempo tentando di ottenere un Visto per trasferirsi a lavorare in Germania, Visto che puntualmente gli viene negato facendo cadere entrambi ogni volta nello sconforto più nero.

Stanley però ha un motivo in più per cercar fortuna in Europa, il senso di colpa per aver messo il cognato e la sorella nelle mani di uno strozzino quando questi ultimi gli hanno prestato una somma di denaro che sarebbe servita a Stanley per lasciare il paese e che invece è finita dritta nelle tasche di un truffatore.

Nel frattempo il cognato Suresh perde il lavoro e la sorella si trova costretta ad accettare un lavoro da domestica oltreconfine che la porterà per tre lunghi anni lontana da marito e prole, ma Stanley una sera come tante passata sulla spiaggia si trova tra le mani uno stropicciato volantino che invita squadre internazionali di pallamano ad un torneo in Baviera e al giovane gli balena in testa l’idea di formare una squadra e iscriversi guadagnadosi così l’agognato Visto.

L’idea è tanto folle quanto geniale anche perchè verrà supportata da qualche truffaldino escamotage, una massiccia dose di fortuna e dal fatto che in Sri Lanka non esiste alcun club di pallamano ne tantomeno una Nazionale, quindi schivando più di un ostacolo burocratico e non sapendo nulla dello sport in questione Stanley e altri 22 singalesi si imbarcheranno su un volo per la Germania…

Il produttore italiano Uberto Pasolini con all’attivo il campione d’incassi Full Monty-Squattrinati organizzati candidato agli Oscar 1998, decide di debuttare dietro la macchina da presa con una storia vera, raccontando l’odissea di ventitrè immigrati dello Sri Lanka approdati in Germania con un incredibile escamotage e poi sfuggiti alle autorità per iniziare una nuova vita in Europa.

Il tocco di Pasolini è leggero, le tematiche trattate di raro spessore, lo sport solo un escamotage narrativo che resta tale anche nella parte competitiva del percorso con la manciata di partite giocate ben descritte, ma che lasciano volutamente il lato meramente sportivo ai margini, in favore del gioco di squadra visto come elemento umano ed aggregante, quell’essere fratelli in terra straniera unendo le forze per affrontare l’ignoto.

Machan è una piacevole sorpresa e un notevole debutto per Pasolini che riesce a raccontarci di povertà e miseria, ma anche di sogni e speranze senza cadere nella retorica, mantenendo un invidiabile equilibrio tra dramma e commedia, lasciando che il primo prenda a più riprese il sopravvento ed evitando di sconfinare nella parodia, lasciando trapelare sempre in superficie il disagio e la durezza di vite che sopravvivono da sempre ai margini.

Note di produzione: il regista è il nipote di Luchini Visconti, l’idea del film è nata da un trafiletto di giornale che riportava la storia, la pellicola ha transitato all’edizione 2008 del Festival di Venezia vincendo due premi collaterali (Premio FEDIC, Premio Gionale degli Autori Label Europa Cinemas).