Io speriamo che me la cavo, recensione

Il maestro Marco Tullio Sperelli (Paolo Villaggio) in attesa di un trasferimento richiesto da tempo in una scuola elementare ligure, si ritrova per un errore telematico dei terminali del Ministero della Pubblica Istruzione assegnato da tutt’altra parte e più precisamente in una scuola campana in provincia di Napoli. Corzano, questo è il paese in cui Sperelli si ritroverà catapultato, a toccare con mano i disagi ed i disastri di un sistema scolastico allo sbando e dove gli alunni si contano sulle dita di una mano, visto che molti di loro ancora minorenni finiscono per necessità a sbarcare il lunario ai limiti della legalità, sconfinando con sempre maggior frequenza nel territorio della microcriminalità. Sperelli al suo primo giorno si ritroverà con una classe di venti alunni che ne conta presenti si e no tre.

Comincerà così per lui, superato l’iniziale disagio per la mancata trasferta, una vera lotta quotidiana per riportare i piccoli alunni in classe, convincere le riluttanti famiglie nella bontà dello studio e affezionandosi giorno dopo giorno a quella sorniona anarchia che regna sovrana intorno a lui.

Con un impianto molto simile al recente campione d’incassi Benvenuti al sud, nel 1992 la regista Lina Wertmuller si cimenta con l’adattamento di un vero caso editoriale da oltre un milione di copie, il best seller Io speriamo che me la cavo. Sessanta temi di bambini napoletani scritto nel 1990 dal maestro elementare Marcello D’Orta.

La Wertmuller ha la fortuna di poter contare su un’inedito Paolo Villaggio in versione tenera e paterna, una truppa di ragazzini nati per il palcoscenico e i contrasti Nord-Sud che come spesso accade a volte vivono di vita propria a prescindere dalla realtà oggettiva dei fatti.

Io speriamo che me la cavo è leggero e impegnato nelle giuste dosi, con un occhio di riguardo al comparto intrattenimento che prende piacevolmente e a più riprese il sopravvento e calcoalndo che il libro da cui è tratto il film è una raccolta di temi scolastici, il lavoro svolto in fase di scrittura si rivela più che apprezzabile.

Note di produzione: le location del film si sono suddivise tra Napoli e Taranto, i temi raccolti nel libro cui si ispira la pellicola sono scritti dagli alunni di una scuola elementare di Arzano in provincia di Napoli.