Lo spazio bianco, recensione

la-locandina-di-lo-spazio-bianco-128124 []Maria (Margherita Buy) è un’insegnante quarantenne che si traferisce a Napoli dove insegna in una scuola serale, un’inattesa gravidanza, figlia di una fugace relazione, la porterà ad un travagliato parto prematuro, alla nascita di una piccola anima che si trova in bilico fra vita e morte nel limbo di un incubatrice.

E mentre la piccola Irene lotta, la neo mamma Maria si ritrova sospesa, a barcamenarsi emotivamente tra il tran tran quotidiano del suo lavoro e l’attesa infinita fatta di sala d’aspetto, terapia intensiva e solitudine, ma anche di anime affini, di altre mamma in attesa che condivideranno con lei gioie e dolori di una nuova consapevolezza in lento divenire.

La regista Francesca Comencini possiede un invidiabile tocco intimista ed una sensibilità tutta al femminile che in questa pellicola ritroviamo con piacere, stavolta però il suo intento sembra andare oltre, mostrandoci uno sguardo altro su una Napoli inedita, grigia e pregna di solitudine, e su una protagonista, la brava Margherita Buy, più consapevole di se stessa e capace di abbandonare le nevrosi dei suoi precedenti personaggi, per giocare sulle sfumature e caratterizzare una maternità in evoluzione con sorprendente intensità.

Lo spazio bianco lascia interdetti ed affascinati per l’atmosfera surreale, quasi onirica che la regista dona alla messinscena, poche scene interrompono le suggestioni di un nonluogo, di un limbo creato ad arte e raccontato visivamente da una fotografia ricca di suggestioni ed alcune scelte non convenzionali che rivelano una ricerca di un’audience più variegata

La Comencini però non si lascia prendere la mano, sperimenta, ma senza strafare, ottenendo un risultato piacevole e molto equilibrato che incontrerà, ne siamo certi, il gusto di molti, facendo così passare in secondo piano alcune scelte stridenti, vedi il balletto nella sala di terapia intensiva, che però non tradiscono per nulla un gradevole e intrigante risultato d’insieme.