Una vita nel mistero, recensione

Angelo (Tonino Pesante) è un fotografo per hobby che si ritrova ad essere testimone di strani segni che sembrerebbero far presagire qualche incombente evento sovrannaturale, Antonietta (Dina Valente) è l’amata moglie, colei che ha reso l’amore tanto idealizzato in qualcosa di concreto e quotidiano e che ora sta lottando con un tumore maligno che le crea un’incommensurabile sofferenza, non solo fisica.

Entrambi si giovano di una grande fede e di una religiosità cercata nei piccoli gesti quotidiani e nell’amore che provano l’uno per l’altra, sarà forse la loro grande fede ad innescare un’evento che ha del miracoloso e che preceduto da piccoli, ma tangibili segni porterà Antonietta alla guarigione ed Angelo a voler condividere con il mondo la sua storia.

Debutto su grande schermo per il regista ventiquattrenne Stefano Simone, dopo alcuni cortometraggi a sfondo horror e noir, un bel salto nel buio con una storia che attinge da fatti realmente accaduti e con una forte connotazione mistico-religiosa.

Simone punta su uno stile decisamente asciutto e puntato ad un realismo nella ripresa quasi documentaristico, amplificato dall’utilizzo dell’alta definizione in fase di ripresa, da segnalare anche la suggestiva colonna sonora che sconfina a più riprese nell’incipit creando un effetto ridondante, per poi trovare col tempo la giusta dimensione all’interno della narrazione.

La storia acquista spessore con l’evoluzione dei piccoli eventi sovrannaturali e non tutti dosati con la giusta dovizia, senza dubbio un racconto dalla così preponderante connotazione religiosa avrà un suo target di pubblico, ma una certa mancanza di contrappunti critici ed analitici nel racconto potrebbe rendere il film ostico ai più scettici e ai meno portati ad una concezione mistica del quotidiano.

Simone ha senza dubbio un talento in evoluzione, anche il suo osare approcciando tematiche irte di ostacoli dimostra un voler mettersi in gioco che con il tempo siamo certi darà i suoi frutti, da sottolineare che la provenienza dal cinema di genere del regista fa si che le parti che funzionino di più nel film siano proprio quelle che si distaccano in maniera netta dalla realtà per esplorare percezioni altre, vedi l’incubo che la coppia di protagonisti condivide capace di regalare un bel carico di inquietudine.

Una vita nel mistero potrebbe rivelarsi per Simone il giusto contrappunto per fare un ennesimo salto di qualità e mettersi in gioco ancora una volta, puntando stavolta senza troppe remore al cinema di genere, magari miscelando horror e sovrannaturale in un lungometraggio che metta in luce quelle doti che da questa pellicola continuano prepotentemente ad affermarsi, un indole per il fantastico che se non imbrigliata potrebbe almeno secondo il nostro punto di vista diventare il fulcro di un’ulteriore  crescita.