Lourdes, recensione

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Christine (Sylvie Testud), una ragazza affetta da sclerosi multipla che affronta la vita su una carozzella, decide di intraprendere un viaggio della speranza per il santuario di Lourdes, dove nel corso degli anni alcuni hanno ritrovato miracolosamente la salute, altri il conforto di una fede che sembrava perduta.

Christine è una ragazza che ha un gran voglia di comunicare che prescinde dalla sua condizione fisica, così giunta a destinazione cercherà il contatto umano, cercando di relazionarsi con quel microcosmo fatto di varia umanità utilizzando il proprio volto come mezzo di comunicazione, e insolito strumento di percezione dell’altro.

Così mentre la sua esplorazione prosegue, con tutta la gamma di emozioni positive e negative che fede e sofferenza trasmettono, questo suo estemporaneo viaggio le regalerà un miracolo di cui non sarà solo testimone, ma anche protagonista, un avvenimento inspiegabile che le donerà di nuovo la capacità di muoversi e camminare.

La sua miracolosa guarigione aggiungerà ancora altri frammenti di verità e conoscenza al corollario di personaggi, suggestioni, ed estrema sofferenza che la circondano, tutto sarà amplificato nel bene e nel male, si paleserà lo stridente meccanismo di una fede pianificata a tavolino, nonchè le emozioni discordanti che l’avvenimento provocherà, perchè se alcuni saranno felici dell’avvenuto miracolo e altri ne vedranno motivo di speranza, molti intorno a Christine ne invidieranno il privilegio avuto.

La fede è tema insidioso, perchè nella foga di volere esprimere il proprio punto di vista o il proprio pensiero, che sia su una pagina scritta o in immagini su grande schermo, si viene influenzati molte volte dal proprio credo o dalla sua totale assenza, o peggio ancora da mille dubbi e domande a cui non si può dare risposta, una contraddizione che finisce sempre e comunque per incidere sull’espressione artistica togliendogli la necessaria e obiettiva genuinità.

La regista Jessica Hausner invece di sparare a zero su credo e fede religiosa, pur non mancando di unn rigore spietato nel mostrarne artifizi e debolezze, ci propone uno sguardo altro sul miracolo e su molti orpelli dogmatici che la fede impone, non dimenticando la macchina commerciale a volte davvero inquietante, che fenomeni come appunto il santuario di Lourdes, piuttosto che lo sfruttamento di figure come Padre Pio, mettono inesorabilmente in moto.

La Hausner ci pone di fronte a più di qualche quesito senza per questo voler imporre a priori un pensiero, e lo fa attraverso un’efficace protagonista che non ha una gran fede, ne se ne costruisce una ad hoc nel momento del bisogno, e proprio per questo una volta miracolata, si trasforma involontariamente in un catartico punto di domanda in cui riversare ogni irrisolto dilemma.

Lourdes punta su una messinscena minimalista ma visivamente molto suggestiva, asciutta ed efficace, che punta al realismo, ponendo l’accento sull’essere umano, sul suo egoismo e sul bisogno di crearsi un credo ad personam, fatto di desideri e speranze in parte distorti dalla sofferenza e dalle traversie che si affrontano quotidianamente attraverso la malattia. Il film della Hausner cerca, riuscendovi, di mostrarci uno sguardo alternativo sulla fede, onesto, intenso, rigoroso e spietato, che dimostra una sensibiltà estrema per un tema ricco di molte, forse troppe, sfumature.