Tris di donne & abiti nuziali, recensione

794 []Marco Camapanella (Sergio Castellitto) è un ex-impiegato delle poste ormai cinquantenne con famiglia e una devastante dipendenza dal gioco d’azzardo, dipendenza che ne mina credibilità e volontà, e che lo rende una mina vagante pronta a distruggere in qualsiasi momento la sua sempre più precaria stabilità familiare.

Come tutti i giocatori incalliti anche Campanella è un irriducibile bugiardo che crede nel colpo di fortuna che cambia la vita, pensa che ne basterebbe solo uno, e intanto i debiti aumentano e il gioco diventa una sorta di maniacale bisogno di rischio, e il nostro italiano medio si lancia in spericolate e ripetute scommnesse, sfidando la fortuna e continuando a perdere non solo denaro, ma anche la dignità di fronte ad una moglie incapace di porre rimedio alla deriva presa dal marito.

Il matrimonio della figlia sarà per lui  motivo di riscatto, l’uomo si offrirà di provvedere alle spese del matrimonio, e per la moglie motivo di orgoglio e anche di rivalsa su un quotidiano ormai invivibile, minato dalle figuracce e dai debiti che il marito colleziona ormai da anni.

Campanella non avendo chiaramente i soldi necessari, prima si vede rifiutare un ulteriore prestito, e poi si lancia nell’ennesima scommessa con la sorte  stavolta oltreapassando il limite consentito anche dall’ambiente malavitoso delle bische clandestine che l’uomo frequenta. attirando inevitabilmente l’attenzione delle persone sbagliate.

Il regista Vincenzo Terracciano con Tris di donne & abiti nuziali si lancia in un memorabilia in celluloide omaggiando le maschere del neorealismo e della commedia all’italiana di una volta, quella dolceamara popolata da personaggi divertenti e allo stesso tempo tragici, che ritraevano con sferzante cinismo un Italia vera e vitale.

Lo stesso Castellitto cita i fratelli De Filippo, piuttosto che Vittorio De Sica, per descrivere la preparazione al suo personaggio, noi aggiungiamo anche l’Albertone nazionale reo di averci fatto inconsapevolmente sorridere di noi stessi con personaggi specchio di una mediocrità ed un egoismo che fanno inevitabilmnte parte della natura umana, insomma quanti avranno riso alle sue battute non rendendosi conto di schernire se stessi?

Terracciano e Castellitto lavorano in simbiosi, ognuno impegnato al meglio, per regalarci una figura tragicamente familiare, che si muove in un’ambiente che ne amplifica impietosamente debolezze, vizi  e difetti.

Unica pecca che ci sentiamo di sottolineare è un cast di comprimari che nel passato avrebbero potuto colorare il contorno umano ed emotivo che affianca il bravo Castellitto con maschere indimenticabili, questo è quello che forse manca ad un buon film, che cerca nel passato un italiano, che nonostante gli anni trascorsi, rimane sempre una inossidabile maschera tragicomica da cui attingere, per raccontare con malinconica ironia, un quotidiano che nel bene e nel male un pochino ci somiglia sempre.