Superman Returns, recensione

superman_returns_ver8 []Mentre il mondo è orfano della sua invincibile sentinella, Superman (Brandon Routh) è scomparso senza lasciare tracce, in una lussuosa villa il cacciatore di dote Lex Luthor (Kevin Spacey) sotto lo sguardo esterrefatto di parenti e amici si accaparra l’eredità di un’anziana miliardaria in fin di vita.

Eredità che investirà nella ricerca della Fortezza della solitudine rifugio kriptoniano di Kal-El alias Superman, trovata la quale scoprirà e si impadronirà dei segreti del supereroe e del suo letale punto debole, la Kryptonite.

Superman torna dal suo viaggio che si scoprirà essere stato intrapreso allo scopo di trovare altri superstiti all’esplosione del suo pianeta natio, purtoppo la ricerca si è rivelata vana e il supereroe torna dalla sua famiglia terrestre, e dal suo unico membro ancora in vita, l’anziana madre adottiva Martha Kent.

Il ritorno di Superman non sarà affatto indolore, oltre alle morte del padre, l’alter ego Clark Kent troverà un mondo deluso dalla sua fuga e il suo amore, la reporter Lois Lane (Kate Bosworth), sposata e con un figlio, nonchè pronta a vincere un Pulitzer per un articolo, Perchè il mondo non ha bisogno di Superman, che rispecchia il pensiero di un’umanità che si sente profondamente tradita e delusa dal suo eroe.

Superman torna al suo destino di sentinella e protettore dei più deboli, mentre Luthor con la sua nuova scoperta e lo studio della potentissima tecnologia aliena di Krypton ha un paio di obiettivi da raggiungere, ditruggere la sua nemesi e conquistare il mondo.

Il regista Bryan Singer dopo gli X-Men continua la sua rilettura adulta ed intimista dei supereroi più amati di di sempre, supereroi problematici e tormentati, quasi schiacciati dalla responsabilità del loro gravoso compito e dal destino che gli nega una vita normale. Sicuramente una lettura meno leggera di quella supportata dal genio creativo di Sam Raimi nel suo Spiderman, ma che colpisce per spessore e intenti.

Superman Returns mantiene la direzione presa dal cinefumetto anni ’80 di Richard Donner, ne smussa l’ironia e il look pop/fumettoso, il film di Singer si incupisce, scava nei personaggi, aiutato anche dal bravo Kevin Spacey che gigioneggia con il suo megalomane e incompreso Lex Luthor e da un Brandon Routh che incarna alla perfezione il mito dandogli, come da copione, un velo di tristezza in più.

I più piccini faticheranno a ritrovarsi in questa chiave di lettura oltremodo seriosa del personaggio, ai non amanti dei fumetti mancherà l’azione coinvolgente dell’originale e il misto di spacconaggine e consapevolezza di sè del compianto Christopher Reeve.

Restano i neutrali e i fumettari incalliti a cui di certo non dispiacerà questa nuova lettura, più adulta e alla ricerca di un’integrità e di uno spessore che i fumetti hanno sempre avuto a prescindere dalla loro connotazione ludica e di puro intrattenimento. Comunque sia Superman Returns rimane un film notevole, anche se manca palesemente dell’equilibrio tra serio e faceto che ha reso il Superman di Donner memorabile.