Spy Game, recensione

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Nathan Muir (Robert Redford) ha sempre rispettato le regole dell’Agenzia, anche quando non ve ne fossero, sempre pronto a sacrificare qualcosa o qualcuno nel nome di un bene supremo e di una sicurezza nazionale che andavano oltre coscienza e opinioni personali, quindi adesso quello che vuole, o forse vuole sua moglie stanca di aspettare a casa il ritorno del consorte in giro per il mondo, è ritirarsi in un bel posto caldo, dove godersi una meritata pensione.

L’ultimo giorno di permanenza alla CIA di Muir però ha un risvolto inaspettato, uno dei suoi pupilli, Tom Bishop (Brad Pitt) da lui reclutato ed addestrato anni prima, ora è nei guai, durante un’incursione in un prigione cinese per liberare una detenuta occidentale viene fatto prigioniero ritrovandosi  nelle mani dei servizi cinesi, trasformandosi così in  una bomba diplomatica pronta scoppiare in faccia al governo americano..

Muir intuisce che Bishop sarà l’agnello sacrificato alla diplomazia, infatti a Langley, quartier generale dell’Agenzia, si riunisce in un briefing d’emegenza il vertice che sembra unanime nel volere Bishop sacrificato per il bene comune, ma Muir proprio non ci sta e cercherà un modo per salvare la vita al suo allievo e andarsene in pensione con un peso in meno sulla coscienza.

Il regista Tony Scott ama le spy-story e l’ha ampiamente dimostrato omaggiando  con una certa classe un cult come La conversazione con il suo Nemico pubblico. e tre anni dopo torna ad esplorare il genere stavolta mettendo a confronto dui attori e due generazioni, Robert Redford già in un’altro spy-cult I tre giorni del condor, e Brad Pitt che mette in campo tutto il suo talento per non sfigurare troppo con il blasonato partner dal mostruoso curriculum.

Ne viene fuori un solido film di spionaggio nel senso più classico del termine, un gi0co ad incastro fatto di flashback e centellinate rivelazioni che Scott maneggia con dovizia. Spy Game è un gioco d’attori e di script, non aspettatevi azione alla Bond, ma una spy story tradizionale con il look hi-tech e patinato tipico del regista e due protagonisti davvero in forma, su cui spicca un solido Redford efficace e misurato.