Recensione: Push

Nella recente storia dell’umanità, i governi stanno portando avanti degli esperimenti su degli individui speciali, per riuscire a creare una sorta di esercito perfetto. L’unica ad essere sopravvissuta ai test mortali è la pusher Kira (Camille Belle), che è riuscita a dileguarsi facendo sparire una valigetta contenente l’unica fiala utile per continuare l’esperimento.

Alla ricerca della valigetta si mettono Nick Grant (Chris Evans), telecinetico di seconda generazione, che si è rifugiato ad Hong Kong, dopo la morte del padre, e Cassie (Dakota Fanning) chiaroveggente, che devono riuscire ad arrivare prima della Division, una agenzia governativa degli Stati Uniti, cappeggiata da Henry Carver (Djimon Hounsou), un pusher, che come Kira è in grado di manipolare le menti delle persone.

Le due fazioni sono formate da: Pusher (controllori delle menti), Mover (telecinetici), Watcher (chiaroveggenti), Bleeder (la cui acutezza di voce può frantumare vetri e far scoppiare i cervelli), Stitch (guaritori o debilitatori), Shift (mutaforme), Wiper (cancellano la memoria), Shadow (nascondo cose epersone) e Sniff (seguigi).

Push è un thriller fantascientifico, debitore di serie tv come 4400 e Heroes e film di supereroi (in particolare X Men), diretto da Paul McGuigan che non delude le aspettative, ma non convince appieno a causa del ritmo blando, la troppa carne messa al fuoco e il finale aperto.

Il film, forse perché pensato per essere il primo di una saga, è una passerella per tutte le specie di persone speciali sopracitate e per i loro continui scontri (tra i poli opposti). Per questo motivo la tanta azione messa sul piatto sembra secondaria, la storia un pretesto (per non parlare di quella d’amore) e i colpi di scena pilotati.

Lo svolgimento, seppur sviluppato in un’ambientazione davvero bella e particolarmente adatta (in particolar modo la caotica Hong Kong), è veloce ma monotono: il protagonista, un alquanto anonimo Chris Evans, si scontra con la sua nemesi o con qualsiasi altro nemico a suon di pistole fluttuanti, ma non riesce a cavare un ragno dal buco e la brava sensitiva Cassie/Dakota Fanning, gli toglie le castagne dal fuoco; c’è qualche situazione irrisolvibile? Niente paura, uno dei manipolatori di mente ci mette lo zampino e fa proseguire il film; non si trova qualcuno? Ecco che entra in gioco un watcher.

Concludendo: se chi, come me, adoratore del genere prova solo per un attimo a mettere da parte la propria passione per i supereroi, si renderà conto di essere di fronte ad un’opera piacevole, ma non entusiasmante, già vista e priva di qualsivoglia approfondimento, che renda la storia più appassionante, piena e coinvolgente.