Recensione in anteprima: Imago Mortis

Si narra che nel 1600 un certo Fumagalli, scienziato e occultista, fosse convinto che si potesse impressionare su pellicola l’ultima immagine vista dagli occhi di un defunto un istante prima della sua morte.

Questa sua ossessione ne divorò anima e senno, e per sperimentare questa sua nuova tecnica da lui stesso denominata Thanatografia, Fumagalli arrivò a macchiarsi di una serie di efferati delitti che lo portarono alla condanna a morte.

Ai giorni nostri, in una prestigiosa scuola di cinematografia un giovane studente, Bruno (Alberto Amarilla), aspirante regista, spossato da studio e turni di notte come custode nell’archivio della scuola, nonchè afflitto da una perenne insonnia comincerà a percepire in uno stato alterato di veglia, un’altra realtà, distorta e terrificante, fatta di visioni e immagini di un ragazzo ricoperto di sangue che sembra volergli rivelare qualcosa.

Con l’aiuto di Arianna (Oona Chaplin), ragazza aperta e solare, il timido ed introverso Bruno cercherà di ricomporre i pezzi di un intricato rompicapo sovrannaturale che lo porterà a scoprire sconvolgenti verità riguardanti il vecchio istituto e gli  ambigui personaggi che lo popolano..

Diciamo subito che l’attesa per questo Imago mortis è stata lunga, e le aspettative, per chi come me segue il cinema horror da sempre erano estremamente alte, ma visto il periodo buio che sta passando il nostro cinema nell’ambito di questo sempre più sottovalutato genere, mi posso considerare spettatore soddisfatto.

Cominciamo col dire che il regista Stefano Bessoni è un vero artista dell’immagine, sa esattamente come manipolare spazi e tempi cinematografici e trasmettere suggestioni con fotografia e suono, tutto in questo film è raffinato e rarefatto.

Imago mortis si presenta come un racconto dal sapore gotico che ricorda non poco il new-horror iberico, con i vari Del toro, Bayona e Amenabar, non per nulla tra i paesi produttori figura la Spagna molto attiva nel finanziare, in questi ultimi anni, progetti di questo genere.

Le fiabe, chi conosce bene questo regista e ha visto i suoi lavori sa che il mondo sospeso e inquietante delle fiabe ne ha influenzato tutti i lavori questo compreso, una ghosr-story con l’anima del thriller, una buona commistione, decine i rimandi e le citazioni cinefile, insomma la parte prettamente visiva funziona a dovere, e  crea atmosfere che in un film italiano era da molto che non si vedevano.

La storia, appurato il fatto che la Thanatografia è solo un escamotage narrativo e non ha fondamento scientifico, la narrazione subisce qualche intoppo durante il dipanarsi della trama, qualche rallentamento dovuto forse ad una certa leziosità visiva che sicuramente impreziosce il lato estetico, ma rallenta e smorza la tensione che noi spettatori si cerca di accumulare scena dopo scena.

Certo sono piccoli difetti di fronte ad una costruzione scenica che cattura da subito l’attenzione, e si può persino passare sopra ad alcune scelte, che coinvolgono il finale, che non riveleremo neanche sotto tortura, ma che sembrano un pò forzate e narrativamente troppo prevedibili.

L’originalità in questo film è. purtroppo riscontrabile solo a livello visivo, la veste barocca in cui è calata l’intera trama impressiona e non poco, ma una volta superata l’attrazione iniziale, la prima e fugace infatuazione per l’accattivante look, ci troviamo di fronte ad un buon thriller sovrannaturale, e niente di più, nessuna innovazione, ma tanta classe e un’impressionante tecnica.