Recensione: Clive Barker’s Hellraiser

Il 1987 è stato segnato dall’arrivo, sul grande schermo, di quello che sarebbe diventato un cult a tutti gli effetti: Clive Barker’s Hellraiser, giunto a noi come Hellraiser: Non ci sono limiti, grazie al nostro possente filtro “traduci-titoli”. Si tratta, banalizzando, di un film dell’orrore, e per di più, si tratta di un film di Clive Barker.

Forse non basta una prima occhiata per rendersi conto che dietro a un succedersi di “eventi horror” abbastanza lineari, si celano una trama estremamente intricata e un retroscena complesso ed estremamente fantasioso, ricco di dettagli e che affonda le radici temporali sia nel passato sia nel futuro.

Apparentemente, il protagonista è Frank Cotton (Sean Chapman). Si tratta di un personaggio molto particolare, interessato all’occulitsmo, e alla continua ricerca del massimo estremo. Le sue ricerche lo portano all’acquisto di un nuovo, misterioso strumento in grado di portarlo oltre qualsiasi soglia del piacere carnele: si tratta di una scatola di legno, una specie di carrillon.


Non si tratta tuttavia di un innocuo gioco per bambini d’altri tempi: trattasi in realtà della cosiddetta “Configurazione del Lamento”, una scatola in grado di evocare gli spaventosi Supplizianti, i quali prendono Frank e lo riducono letteralmente a brandelli, dopo averlo torturato, tagliuzzato e averne agganciato la pelle con dei micidiali ganci da macellaio.

Ma non lo uccidono mica! Se lo portano via, nel loro inferno parallelo, un mondo intero fatto di torture e supplizi eterni, la cui origine viene spiegata man mano nel vari film che si sono avvicendati nel corso del tempo. Non c’è via di fuga,e il supplizio è eterno. Il corpo si rigenera, proprio come nell’Inferno classico, ed è subito pronto a subire nuove torture.

La situazione precipita quando, totalmente all’oscuro del del macabro rituale che si è consumato al piano di sopra, Larry Cotton (Andrew Robinson), fratello di Frank, decide di tornare a vivere nel vecchio immobile di famiglia e di stabilirvisi con la seconda moglie Julia (Clare Higgins) e la figlia Kirsty (Ashley Laurence).

Julia, tra l’altro, ha vissuto una brevissima relazione di passione con Frank prima di sposare Larry, e questo suscita in lei tutta una serie di ricordi e di immagini nostalgiche. Non si sa come, ma questo Frank ha un carisma tale che l’ha catturata completamente, l’ha fatta sua per sempre dopo quel breve, intenso incontro.

Clive Barker crea una saga, e crea un universo di sofferenza. Il capo dei Cenobiti, detto Pinhead (Doug Bradely), è diventato un vero e proprio simbolo per il cinema horror. La sua testa coperta di spilli, il suo modo di fare quasi ufficiale, formale in un contesto estremo come quello, assieme a tutta una serie di idee vincenti, rendono Hellraiser un film unico.

Il concetto di raggiungimento del piacere attraverso il dolore, che trova riscontro nelle pratiche sessuali sado masochistiche, viene qui estremizzato. Il racconto dello steso Barker approfondisce e chiarisce il tipo di ricerca dei Cenobiti: uno studio, un ‘esploraione degli stati più remoti dell’esistenza.

Sono infatti in grado di manipolare il senso di sè attraverso la varaizione strumentale della percezione delle sensazioni e delle emozioni, sfruttando le configurazioni che il sistema nervoso può assumere se stimolato nel modo giusto.

Tuttavia le anime “suppliziate” non sono felici, se ne vogliono andare, perchè le sensazioni provate sono veramente troppo estreme. Le scelte visive sono azzecatissime, e nonostante adesso tutto risulti ovviamente datato, il film riesce ancora a spaventare e a suscitare emozioni contrastanti.

Frank, come del resto i Cenobiti, sono tutti ricercatori, nel senso più profondo del termine, e il film non deve certamente essere interpretato come un monito a non ricercare: si tratta di una storia fantastica, di un viaggio all’inferno con biglietto di ritorno, ma con qualche complicazione.

Clive Barker ha scritto un racconto geniale, e vi ha cucito sopra un film più che degno. Peccato che, a parte il secondo capitolo della saga, il tutto stia decadendo in favore di film sempre meno originali. Forse arrivare all’ottavo episodio comincia ad essere un pò troppo